EDITORIALE
RISPETTO A UNO STIPENDIO NORMALE, È QUANTO HA GUADAGNATO UN SUPERMANAGER. MA È GIUSTO?
di Umberto Brindani
Flavio Cattaneo, che molti conoscono soprattutto come il felice marito di Sabrina Ferilli, è un manager di grande competenza e successo professionale. Negli ultimi 16 mesi ha ricoperto il ruolo di ammnistratore delegato di Telecom Italia ( Tim), la nostra azienda dei telefoni che ormai appartiene ai francesi. Ha lavorato bene, ha prodotto risultati, ma insomma, non si capisce bene perché, hanno deciso che ora potevano fare a meno di lui. Licenziato? Macché: mica funzionano così le cose, ai piani altissimi dell’economia. Diciamo che l’hanno persuaso ad andarsene senza fare scenate. L’argomento è stato tra i più convincenti: 25milioni di euro, spicciolo più, spicciolomeno. Nonmale per poco più di un anno di lavoro.
Intendiamoci: tutto regolare, tutto legittimo, tutto secondo i contratti. Non sono neppure soldi pubblici, perché Timèun’azienda privata (sebbene i suoi denari arrivino direttamente dalle nostre tasche di telefonino-dipendenti). Tuttavia in tanti hanno gridato allo scandalo. Come mai? Be’, è semplice: perché quei soldi sembrano tanti, troppi.
In Italia, secondo l’Istat, ci sono oltre 7 milioni di poveri. Per «povero» non si intende solo chi è costretto a vivere sotto i ponti e a mangiare alla Caritas. Per «famiglia povera», secondo i criteri dell’Unione europea, si intende quella che non può permettersi almeno quattro dei nove indicatori seguenti: un’auto, un telefono, una settimana di vacanze lontano da casa, un televisore, un riscaldamento adeguato, un pasto proteico ogni due giorni, una lavatrice, una spesa imprevista di 800 euro e il pagamento regolare di bollette, mutui o affitti. Bene, sono 7,2milioni gli italiani che ricadono in questa condizione. Chiaro che i 25milioni di Cattaneo fanno venire leggermente l’orticaria.
Anche perché la liquidazione monstre del supermanager è solo l’ultimo di una serie di episodi che gridano vendetta al cielo. Il più tartassato dalle polemiche è naturalmente Fabio Fazio e i suoi 11,2 milioni per quattro anni, che secondo Il Fatto Quotidiano, tra cessione del format e altri ammennicoli, diventerebbero in realtà 83. Fosse vero, roba da far impallidire perfino Cattaneo, o quell’AlessandroProfumo che sette anni fa se ne andò da Unicredit con una miserabile buonuscita da 40 milioni. Ma che diavolo ci fai con 83milioni, o 30, o 40? Ti compri una squadra di calcio di serie A? Una ventina di Ferrari? Un atollo alle Maldive?
Poi c’è il casoDonnarumma. Sì, perché ci si può anche indignare, ma quei signori di cui abbiamo appena parlato in fondo hanno dimostrato, negli anni, nel loro settore, di saperci fare. Restano cifre da capogiro, ma in qualche modo giustificate dal famoso «mercato». Ma il baby Donnarumma? Per tenersi il portiere più giovane e promettente il Milan ha deciso di dargli 6 milioni (netti) all’anno per cinque anni, più unmilione (netto) all’anno per suo fratello, portiere anche lui. Poi, quando Gigio compirà 23 anni, se avrà mantenuto le promesse, il Milan o chiunque lo prenderà dovrà per forza dargli di più, anche se in realtà succederà prima, fra uno o due anni, quando avremo un ventenne di belle speranze che guadagnerà in un mese quanto un normale cittadino guadagna in una vita.
Si dirà: è il calcio, è la tv, è il topmanagement. Non ha senso paragonare certi “stipendi” con quelli di chi si arrabatta dietro una scrivania, uno sportello o il bancone di un bar o di un negozio, per non parlare di chi lo stipendio non ce l’ha proprio. Mah. Siamo sicuri che non abbia senso? Se c’è un fenomeno (planetario, attenzione, non solo italiano) su cui tutti i sociologi concordano è il costante aumento delle disuguaglianze. Chi ha tanto ha sempre di più, chi ha poco ha sempre di meno. Quando vengono alla luce casi esemplari o estremi, come quelli che abbiamo raccontato, la misura della disuguaglianza diventa plateale. E scatta l’invidia sociale, la frustrazione, la rabbia. AdrianoOlivetti diceva che un capo azienda non dovrebbe guadagnare più di dieci volte lo stipendiominimo di un suo dipendente. Praticamente un sogno, un’utopia. Ma mille volte tanto, be’, sembra un tantino troppo.
Flavio Cattaneo, 54, ex amministratore delegato di Telecom Italia, con la moglie Sabrina Ferilli, 53. Il manager ha lasciato l’azienda con una buonuscita di 25 milioni.