L’Italia ha sete Come ha fatto Roma a ridursi senz’acqua?
Hasprecato acqua e non l’ha conservata. È vero che in questa stagione è piovuto fino al 70 per cento in meno ma, in inverno, è nevicato e piovutomolto sull’Appennino, dove si riforniscono diversi
acquedotti. Per esempio, il Peschiera-Capore, che preleva acqua per Roma vicino a Rieti, fornisce 14 metri cubi al secondo, i 2/3 dell’acqua utilizzata. Invece dal lago di Bracciano arrivano 1,5 metri cubi al secondo, dall’Acqua Marcia 3,5. Le condutture perdono sì il 40 per cento dell’acqua, ma ciò succede soprattutto in campagna, e quella persa ritorna nella falda acquifera. Per ridurre gli sprechi della rete idrica potabile italiana al 10 per cento, la spesa si aggirerebbe sui 60 miliardi di euro: una cifra irraggiungibile per il pubblico e il privato. E non diamo la colpa degli sprechi alle fontanelle: danno acqua alla gente e favoriscono il funzionamento del sistema fognario, che altrimenti resterebbe a secco. Più che altro, sono cambiati i tipi di coltivazioni: nel Lazio, ultimamente, va forte quella del kiwi. Ma il kiwi è una pianta idrovora,
che ha bisogno di tantissima acqua! Il grano ne richiedeva meno. In generale, in Italia, non servono né nuovi invasi né dighe: ne abbiamo circa 9 mila. Bisogna fare un lavoro
più profondo e di buon senso: limitiamo sì l’utilizzo dell’acqua per lavare la macchina, chiudiamo il rubinetto quando ci laviamo i denti. Ma, soprattutto, perché utilizzare sulle Alpi centinaia di milioni di litri d’acqua per innevare le piste, e poi lasciare i campi a secco? Perché fare dei giardini “all’inglese” in regioni del Sud a rischio siccità? Di tutta l’acqua che arriva dagli acquedotti potabili, solo il 18 per cento è utilizzato veramente come acqua potabile, mentre il 60 per cento va a finire nell’agricoltura (dove invece si potrebbe utilizzare acqua proveniente da depuratori, ma non si fa) e il resto nell’industria.