Perché alcuni adulti non sopportano il pianto dei piccoli?
LATIOSCURI IL PADRE CHE PICCHIALAFIGLIA, L’INFERMIERACHE DÀ LA MORFINA AI NEONATI. EPISODI SCATENATI DA UN SENSO DI IMPOTENZA E COLPEVOLEZZA
Ilpianto di un neonato o quello di un bambino, soprattutto se inarrestabile e continuo,
può scatenare negli adulti che li accudiscono inaspettate e incontrollabili reazioni di rifiuto e perfino di aggressività e di collera.
Reazioni capaci di causare, in estremi casi, anche gravi lesioniolamorte dei piccoli. Quasi come se gli adulti fossero coinvolti a tal punto dal pianto continuo dei piccini da sentirsi impotenti e colpevoli. E incapaci di soddisfare quel che il pianto sottintende: richiesta di attenzione e soddisfacimento de ilo robisogni primari( fame, sonno, sollievo damalesseri fisici). I piccoli occupano «uno status privilegiato» nella nostra programmazione neurobiologica perché rappresentano la continuità della vita. E prendersi cura di loro in modo adeguato - affinché sopravvivano, siano sfamati, amati, accuditi, cresciuti - non soltanto è parte della memoria collettiva umana, ma
costituisce un impe- gno vitale, strutturante anche l’attività cognitiva,
la personalità, il ruolo dei genitori. Così, quandosi verificano episodi drammatici di violenza contro neonati o bambini per il loro pianto - come nel caso del padre di Torino che ha strattonato la sua piccina di due mesi fino a mandarla in ospedale con trauma cranico e alcune costole rotte, o come nel caso dell’infermiera di Verona che, per non far piangere il neonato “rognoso”, gli ha somministrato alcune gocce di morfina, rischiando di farlo morire -
riemerge l’incubo collegato alla «sindrome dell’Uovodel ».
serpente Si tratta di un malessere che, comenell ’omonimo filmdi Ingmar Bergman, rimanda agli spaventosi esperimenti compiuti dai nazisti, che documentarono come anche donne disponibili e materne, messe ad accudire neonati o bambini il cui pianto era inarrestabile per moti vidi sofferenza e malattia, alla fine arrivavano a sopprimerli.