tori» Storia di Shana, la “bambina Bolla” «Nata con una terribile malattia, oggi gioca sul prato»
FIGLIA DI UNA COPPIA DI CORAGGIOSI SIRIANI, SCHAN A È NATA CON UNA TERRIBILE MALATTIA GENETICA. CURATA AL SAN RAFFAELE, OGGI GIOCA SU UN PRATO
«Non ha ma i toccato il mondo, ma il mondo è stato toccato da lui»: c’è scritto così sulla tomba di David Vetter, il più famoso tra i “bambini bolla”, che visse 12 anni in un involucro di plastica (e sotto l’occhio deimedia, tanto da ispirare un film, con John Travolta), e poi morì, agli albori degliAnni 80, senza avermai, davvero, vissuto. La bambina che vedete in queste pagine è nata nel 2016, affetta dalla stessa gravissima malattia genetica diDavidma il mondo, lei, l’ha appena toccato, e con conseguenze piacevolissime per entrambi. Le braccia forti di papà Shevan che l’hanno sollevata dal passeggino, la coperta morbida che la sua mamma, Rolan, ha steso per lei sull’erba, l’aria profumata della sua prima estate di vita: oraSchananonha cheda allungare lamano e può tastare, carezzare, afferrare ogni cosa. La temibile Ada-Scid, l’immunodeficienza grave combinata che le hanno diagnosticato a nove giorni dalla nascita è già la più grande vittoria della sua piccola vita. Operata a marzo all’ospedale San Raffaele di Milano, Schana è la primabimba almondo a essere stata trattata conuna terapia genica che, dopo 20 anni di ricerca grazie alle donazioni alla Fondazione Telethon, è stata riconosciuta come farmaco, grazie alla collaborazione con GlaxoSmithKline, e oggi viene rimborsata dal sistema sanitario nazionale. Una conquista con pochi paragoni. Ma, al di là dei primati scientifici, Schana è una bambina viva. «Molti genitori considerano il giorno in cui i loro figli ricevono il farmaco come una nuova nascita, lo celebrano più di un compleanno», racconta il Alessandro Aiuti, Coordinatore dell’area clinica Istituto San Raffaele Telethon di Milano, che ha seguito Schana in tutto il suo percorso di rinascita. Sostenendo, in ogni momento, anche i suoi genitori: una coppia di giovani
siriani provenienti dal Nord-Est del Kurdistan, scappati dalla guerra e immigrati in Germania per costruire un futuro, e una famiglia. «Quando mia moglie rimase incinta, alla felicità si unì un’ombra di preoccupazione: Rolan è figlia di duemiei zii di primo grado, temevamo qualche problema», confessa Shevan. «Le malattie geniche si verificano se entrambi i genitori sono portatori del gene alterato, e questo è più frequente se sono parenti», conferma il professor Aiuti. Ma la bambina nacque sana, o così sembrava.
LA DIAGNOSI
Servirono nove giorni perché le venisse diagnosticata l’Ada- Scid, malattia rara che rende l’organismo vulnerabile anche ai più comuni agenti infettivi. «All’improvviso ci è crollato il mondo addosso: la nostra vita, quel puzzle che eravamo riusciti a ricostruire, pezzo dopo pezzo, dopo tutte le difficoltà, la guerra, la fuga, la lontananza, si era incasinato di nuovo: è stato durissimo», racconta il padre di Schana. «In realtà», spiega Aiuti, «la diagnosi tempestiva ha fatto sì che Schana fosse subito trattata con farmaci che hanno protetto il suo organismo». Ha vissuto i primi mesi della sua vita in totale isolamento: non in una bolla di plastica, come quella di David, ma in una bolla di medicine e in un ambiente sterile, toccata con i guan- ti, letteralmente, anche da mamma e papà: dal raffreddore al morbillo, ogni contatto avrebbe potuto essere per lei letale. «Soprattutto, i genitori si resero conto di doverla proteggere da loro stessi», racconta Aiuti. La piccola venne ricoverata all’Ospedale di Hannover e poi trasferita al San Raffaele, per una terapia potenzialmente risolutiva. «Siamo siriani, da noi la risposta più comune alle difficoltà della vita è maalesh, “fa niente”. A Milano ci hanno ridato la speranza per ricominciare a lottare, un regalo enorme», racconta Schevan. Con Strimvelis, questo il nome della terapia, «le cellule staminali del sangue sono state prelevate dal suo midollo osseo. Quindi sono state corrette in laboratorio e una copia sana del gene è stata inserita al posto di quello malato», spiega il Aiuti. Per farlo viene utilizzato un virus, opportunamente attenuato. «Le cellule con il gene corretto vengono quindi reinfuse nel corpo per via endovenosa, e tornano al midollo osseo». Produrranno globuli bianchi finalmente sani, provvisti di quella proteina che mancava. «Schana ora sta bene», spiega Aiuti. «Aspetto di rivederla a settembre, per capire quando potrà vivere, davvero, una vita normale». Senza più dover temere ogni starnuto di un passante distratto.