Virginia RaggiA Romaniente sesterzi. Per ora.
LA SINDACA NEGA RICHIAMI ALL’ ANTICHITÀPER LAPROGETTATA MONETA PARALLELA A QUELLA UFFICIALE. CHEÈGIÀREALTÀIN VARIE REGIONI: UNARIVOLUZIONE PARTITA17ANNI FA INABRUZZO
Non si chiamerà “sesterzio” la nuova moneta complementare diRoma, ma la città guidata dai grillini vuole affiancare all’euro un sistema di pagamento autonomo. Il Movimento 5 stelle, infatti, è critico nei confronti della valuta europea, e cerca di trovare alternative che diano fiato all’economia locale. Qualche settimana fa abbiamo scritto scherzosamente che questa moneta parallela potrebbe prendere il nome dalla celebre moneta simbolo di Roma antica. L’ufficio stampa della sindaca Virginia Raggi ci scrive che la «presunta proposta della Sindaca di Roma («il ripristino del sesterzio, antica moneta romana») non è mai stata avanzata dalla sindaca Raggi e pertanto l’affermazione è destituita di qualunque fondamento». In alto, Virginia Raggi, 39 anni, sindaca grillina di Roma. Si è fatta ritrarre con Roma che brucia, e l’hanno presa in giro: «Sembri Nerone». Sopra: un antico sesterzio. Ne prendiamo atto. Eppure qualcosa è allo studio. Ha detto per esempio l’assessore al Bilancio di Roma Andrea Mazzillo: «Stiamo studiando, all’interno del progetto “Fabbrica Roma”, l’introduzione di una moneta complementare per favorire le economie locali attraverso lo scambio di servizi tra aziende».
IL PIONIERE AURITI
La valuta complementare non è una bizzarria. Molti antieuro, dai leghisti a Fratelli d’Italia, la stanno studiando. E perfino Silvio Berlusconi l’ha ipotizzata come moneta nazionale, sotto il controllo della Banca d’Italia: un ritorno alla lira, accanto all’euro. Infine, fu proprioBeppe Grillo a solidarizzare con l’eccentrico professore Giacinto Auriti che, in polemica con il «signoraggio» a suo avviso pratica-
to dalla Banca d’Italia, nell’estate del 2000 convinse decine di negozianti del suo paese, Guardiagrele (Chieti), a farsi pagare in Simec (Simbolo econometrico). Dopo venti giorni laGuardia di Finanza sequestrò l’invenzione del professor Aur iti. Poi un giudice gli diede ragione e dissequestrò i Simec, ma ormai i cittadini di Guardiagrele si erano messi paura. Oggi che i bitcoin sono accettati in tutto il mondo come mezzo di pagamento elettronico, è più facile superare il monopolio delle valute ufficiali. Così da dieci anni a Napoli, Firenze e Pistoiamolti eser- cizi commerciali adottano per i propri scambi reciproci lo “scec” («sconto che cammina»), una specie di baratto legalizzato. Ed esistono il Sardex, il Liberex, il Samex, il Marchex, il Valdex ( riquadro sopra). I vantaggi? «Permettere a privati e aziende di scambiarsi beni elettronicamente, basandosi sulla fiducia di appartenere allo stesso territorio e compensando debiti e crediti. Così la liquidità gira più veloce», spiegano i fondatori di Sardex.
NOMI PIÙ ATTRAENTI
Certo che, se invece di queste fredde e tecnocratiche locuzioni, si ripristinassero i gloriosi nomi delle monete italiane pre-lira ( vedi riquadro qui accanto), forse le valute complementari locali risulterebbero più attraenti. Come il sesterzio, che dal 200 avanti Cristo durò più di mezzo millennio e accompagnò lo splendore dell’impero romano.