LUCA GOLDONI
Una collega che sulla “passerella” dell’estate aveva notato una folla di giovani papà che portavano a spasso i loro pargoli sul passeggino mi chiede se c’è una cosa più lieta e commovente di un giovane padre in estasi davanti al suo bambino? Sì, c’è – le ho risposto – è l’estasi di un padre sulla cinquantina, quando un figlio (sui venti) decide di dedicargli qualche giorno o qualche
ora delle sue vacanze, ruggenti, alternative, super indipendenti e (naturalmente) intelligenti. Ho osservato tanti di questi padri – un po’ rintronati nelle loro ferie di media intelligenza (e cioè il giornale sotto l’ombrellone, qualche grigliata di sardoni ) – animarsi all’improvviso: era giunta la telefonata del leone di famiglia: «Sto arrivando». La notizia fa sensazione nella cerchia di amici. Qualcuno si mostra scettico, è troppo vaccinato dai figli suoi, svaniti in motocicletta, in tenda, in jeep, sui Tir, in canoa, a pedi, sul cammello. Ma un mattino il Grande Figlio appare realmente: attraversa la spiaggia, fasciato da un lievissimo alone dorato. Il padre gli scodinzola dietro raggiante, la madre meglio non parlarne: passa da un deliquio all’altro e, negli intervalli, ringrazia la Madonna per il miracolo. Ho visto padri di ogni tipo, sindacalisti implacabili, imprenditori che «saprebbero loro come far marciare il Paese», giornalisti d’assalto, ho visto questi superuomini sfaccendare come servette attorno al Grande Figlio: «Vuoi che ti porti fuori inmoscone? Vuoi che vada a prenderti una coca o un’aranciata? Preferisci leggere o fare una nuotata con le mie pinne?». E lui, il protomartire venuto in pellegrinaggio, grugniva benevolo. Guardavo questi padri emozionati e confusi. E mi sembrava che sognassero un passeggino o meglio un passeggione per scarrozzare la loro creatura di unmetro e ottanta.