« Leonardo non farlo la pedata è inutile servono le regole »
ESASPERATO DAI CAPRICCI DELLA FIGLI ADI 6 ANNI, IL REGISTA AVEVA INVITATO TUTTI A RISPOLVERARE I VECCHIMETODI EDUCATIVI (CALCIONEL SEDERE INCLUSO). MIGLIAIA DI GENITORI SI SONO IMMEDESIMATI. MAQUI FRIZZI, AL BANO, ROSOLINO E CRUCIANI DICONOCHE...
Erano vent’anni, dai tempi del Ciclone, che Leonardo Pieraccioni non ci faceva vedere un film così. Finché lunedì 28 agosto il regista toscano non ci ha mostrato il Calcione. È un’opera rivoluzionaria, unica nella storia del cinema. L’ha realizzata senza attori, cameraman, addetti ai costumi o alla fotografia. L’ha portata a termine in pochi minuti, senza spendere un euro. Sono dieci magiche righe su Facebook, le leggi e già dopo due parole vedi le immagini che cominciano a scorrere. Pieraccioni e la figlia. Lui parla, lei non lo ascolta. Lui le dice di non alzarsi da tavola, lei prende e se ne va. Lui la sgrida e lei guarda l’iPad. Lui chiede d’essere obbedito e in cambio lei pretende d’essere pagata. Avanti così, fino a quando lui non sente nascere dentro di sé il desiderio prepotente del Calcione. La più classica delle pedate nel sedere. Un gesto risolutorio e liberatorio che viene da lontano. Per secoli s’è tramandato di padre in figlio, Pieraccioni e la sua generazione lo hanno provato sulle loro natiche, ma quando è arrivato il loro turno di colpo tutto si è fermato. Il genitore maschio ha smesso di essere un padre temuto e rispettato e si è trasformato in un tenero “papi”. Un genio della lampada in grado di esaudire qualsiasi desiderio, dal quale pretendere di tutto e di più.
«DA PICCOLO HO PRESO TANTE CUCCHIAIATE, MA IO HO ABOLITO GLI SCAPACCIONI » MASSIMILIANO ROSOLINO, 39, con le figlie Vittoria Sidney (a sinistra), 4, e Sofia Nicole, 6, e la compagna Natalia Titova, 43. «Mia madre mi ha spaccato sul sedere tanti cucchiai di legno», ricorda, «ma io sono contrario». «DAL BECERO AUTORITARISMO SIAMO PASSATI AL LASSISMO PIÙ TOTALE » MARIA RITA PARSI, psicoterapeuta. «Gli adulti», dice, «possono ritrovare l’autorevolezza perduta solo nell’esempio».
Pieraccioni racconta e il maschio con prole rivede se stesso. L’esplosione dei capricci. Il tentativo di arginarli con le armi della ragione. Le urla di esasperazione. L’umiliazione della bandiera bianca. Le piccole pesti che sfilano coi loro trofei, pronte a pretenderne di nuovi. E lo sconfitto che, accarezzando la volontà di riscatto, scava nel proprio passato e dissotterra l’ascia di guerra degli antenati. La cosa strana è che si ferma tutto lì, e l’ascia s’inabissa in mezzo al mare che proverbialmente divide il dire e il fare. Sia chiaro, nessuno s’indigna e chiama il Telefono azzurro, ma alla fine, come tanti paguri, tutti ritraggono il piede.
«CHE CARATTERINO, QUELLA BIMBETTA!»
Giuseppe Cruciani, padre di una bimba e conduttore della Zanzara su Radio 24, è il più netto: «Ho letto, il tema non m’appassiona e comunque non homai alzato lemani in vitamia, sono contrario alla violenza in qualsiasi forma», dichiara il campione nazionale di risse radiofoniche. Sorride Fabrizio Frizzi, padre di una bimba di 4 anni: «Pieraccioni», commenta il conduttore Rai, «espone con ironia la difficoltà a rapportarsi con figli incontentabili. La pedata potrà anche starci. Ma un conto è pensarlo, un conto è dirlo, un altro ancora è farlo. E per quanto mi riguarda, la pedata non parte mai». I tempi sono cambiati. Gente come il 92enne diMassa, che a inizio agosto ha preso a stampellate quel pelandrone del figlio settantenne, appisolato sul divano di casa, sembra condannata all’estinzione. Non dà soddisfazione nemmeno Al Bano, padre di sei figli e totem della tradizione familiare italica, che dopo aver manifestato solidarietà a Pieraccioni, innesta subito la retro: «Lo capisco, per essere così piccola la bimbetta ha già un bel caratterino», dice il cantante di ritorno daMosca, dove si è esibito con il coro dell’Armata Rossa, «ma la questione non è pedata sì, pedata no. In certi casi ci può anche stare, ma non può essere la soluzione. Il punto sono le regole. Vanno date, ma la vera fatica è farle rispettare. È un impegno quotidiano che però rende superfluo tutto il resto, pedate e scappellotti compresi». Già, le famose regole, ma quali? Come un patriarca d’altri tempi, Al Bano tiene affisse in casa le tavole della legge: «Qui si rispettano i dieci comandamenti», aggiunge, «con un’attenzione particolare al quarto: onora il padre e la madre». Senza richiamarsi a Mosé, la professoressa Maria Rita Parsi, riafferma lo stesso principio: «Fare i genitori è una fatica immensa e come dice un proverbio africano per crescere un bambino ci vuole un villaggio», dice la psicologa, «ma qui abbiamo perso la bussola e rischiamo di passare da un disastro all’altro. Dall’autoritarismo più becero siamo arrivati al lassismo più totale e non riusciamo a vedere l’unica soluzione possibile. Che però, scusate tanto, non può essere la pedata nel culo». «È tutto più semplice», riprende la Parsi, «basta stabilire poche norme, enunciarle in modo chiaro e farle ri-
spettare. Prima di tutto la vita familiare ha i suoi tempi, per cui ci sono orari certi e ci si incontra a pranzo e cena. E in casa esiste un’autorità, rappresentata dai genitori, che devono essere rispettati e, anche se giovani, vanno affrontati con toni di riguardo, senza concessioni al gergo adolescenziale, a parolacce o espressioni volgari». Forse perché la disciplina l’ha assorbita due volte, prima nell’aria di casa e poi in ammollo nelle vasche di nuoto, Massimiliano Rosolino fa crescere le figlie di 6 e 4 anni col piglio sicuro di un trainer: «Mia mamma non so quanti cucchiai di legno m’ha spaccato sul fondoschiena e semi vede scompostomi sgrida ancora», dice ridendo l’ex nazionale di nuoto, medaglia d’oro a Sidney, «ma per quantomi riguarda calci e sculacciate non esistono».
«TRA GENITORI CI SI DEVE SEMPRE APPOGGIARE»
Rosolino è allineato alle posizioni d Olivier Maurel, presidente dell’Osservatorio francese sulla Violenza Educativa, che da anni si dedica alle battaglie in difesa dei bambini: «In un Paese come la Francia», ha scritto Maurel nel saggio Lo sculaccione, «ci sono voluti 150 anni perché la soglia di tolleranza alla violenza educativa si abbassasse dalla bastonata allo schiaffo e alla sculacciata». Le bastonate ora fanno rabbrividire. Domani succederà la stessa cosa con sculaccioni e pedate? Rosolino si augura di sì: «I bambini ti provocano», è il ragionamento dell’ex campione di stile libero, «ti mettono sempre davanti al bivio se cedere o tener duro. È una sfida continua, ma bisogna sempre avere il coraggio di fare scelte chiare e coerenti. E quando un genitore dice una cosa l’altro lo deve sempre appoggiare. Per cui si gioca e si scherza, ma le regole si rispettano: non ci si alza da tavola f inché mamma e papà non hanno finito, il telefonino si lascia dov’è, al mare ci si tuffa quando lo dico io e, più avanti, a 14 anni non ci sarà per forza il motorino o il diritto di rientrare a casa alle 2 di notte. Tutte regole che, prima di essere imposte, vanno affermate dai genitori attraverso il meccanismo dell’esempio, cercando di mantenere la massima coerenza tra quello che dicono e quello che fanno». Parole benedette daMariaRita Parsi che, davanti all’anarchia di molte famiglie, assolve i piccoli e condanna i grandi: «Mi spiace dirlo, ma la verità è che si è smarrita la qualità degli adulti. Hanno perso l’autorevolezza ed è inutile che vadano a cercarla nelle pedate o negli scapaccioni. La possono ritrovare solo nell’esempio, mostrandosi capaci di rispetto, metodo, sacrificio e generosità, rinunciando, se necessario, al proprio piacere per essere d’aiuto agli altri». È una questione fondamentale che secondo Frizzi investe prima la famiglia e poi la società. «Inutile rifugiarsi nei tempi andati», conclude il presentatore, «il problema è insegnare qualcosa ai propri figli, farli crescere in un ambiente che ha le sue regole come poi le avrà la vita. Il compito è arduo. Ma è anche la cosa più bella che ci sia capitata».