Oggi

Erano le cinque del pomeriggio.

- di Enza Altezza

Annette, la mia migliore amica, arrivava come sempre correndo, con quel suono inconfondi­bile di braccialet­ti tintinnant­i, la voce cristallin­a, gli occhi di velluto. Come una gatta silenziosa s’infilava tra le erbe alte della campagna, attendeva un po’ e poi mi urlava Dai lumaca vieni giù. Io ero lì, bella e pronta con la bottiglia vuota sottobracc­io, che dicevo Scendo Annette andiamo a prendere il latte. Ed era il solito rito: io, lei, la stradina polverosa, la mucca con le mosche intorno, la donna grassa che mungeva, le nostre risa e il suo sogno di diventare ballerina, il mio non so, non lo sapevo, sempre con la testa tra le nuvole... La donna poi se ne stava ad aspettare le monete, le contava e ci diceva «Grazie». Così iniziavano le nostre allegre passeggiat­e d’agosto. Com’era bello, al tramonto, le luci tremule, i capelli al vento, le gonne corte, i grilli che cantavano con i falò accesi. Nell’aria quell’inquietudi­ne dolce e strana dei tredici anni, l’uva presa dalle vigne, il rossetto rubato dal comò. Mia madre a dire «Torna presto», ma presto era qualcosa d’ineffabile e il tempo si fermava nei suoi attimi di felicità. Annette era agile e spigliata, le gambe lunghe da cerbiatta. Quando correva mi batteva sempre, non aveva timore di nulla, solo di un uomo, taciturno e malinconic­o, che sembrava appena uscito da una fiaba. Vestiva sempre di scuro, con una strana valigetta tra le mani, passava e nemmeno ci guardava. Annette si convinse che eramatto e io a ripeterle «No, che dici! Forse è solo un commesso viaggiator­e che prende la corriera». Scoprimmo dopo che era il medico condotto, vedovo da mesi. Un giorno, alle cinque in punto, Annette si presentò da me in sella ad un Ciao, gridando come al solito: «Dai, lumaca, vieni giù!». Ci sistemammo per bene, come due equilibris­te al circo, finché iniziammo a vacillare, poi a cadere in mezzo al fango tra le galline vecchie della donna grassa. Ricordo che c’era stata una gran pioggia e il cielo era pulito. Poi Carlino, il meccanico del paese che già ci corteggiav­a, sistemò tutto in un baleno e lei, di nascosto, gli diede il primo bacio. «Sa di officina», disse, senza che glielo avessi manco chiesto. Qualche volta Annette spariva per alcune settimane, destinazio­ne Bagheria: tre ore di viaggio, spiagge dorate, limonate buonissime. Mi regalava sempre le conchiglie più belle e io, felice, chiudevo gli occhi immaginand­o il profumo lontanissi­mo del mare. La mia migliore amica si trasferì a Milano a diciotto anni e non è mai diventata una ballerina, né un cigno bianco, né un cigno nero. Forse avrà visto mille volte quel balletto, con gli occhi lucidi, ripassando a memoria i passi o magari no. Ogni tanto ho l’impression­e di sentire la sua risata argentina nelle sere di luna, tra i gelsomini, quando la corriera è ferma e poi riparte.

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