Oggi

TEMPESTA DI FULMINI

UN INCIDENTE, UNA GRAVE PERDITA E I SENSI DI COLPA CHE ANGUSTIANO LA VITA DI UNA BAMBINA. CHE IMPROVVISA­MENTE SI ACCORGE DI AVER CAMBIATO SGUARDO

- di Sara Patanè, Senago (Mi)

Zoe spalancò gli occhi, tirandosi a sedere sul letto con affanno. Sua zia in quel momento era di turno in ospedale e nelle nottate come quelle, quando il vento infuriava fuori facendo ululare le finestre e stridere i cardini della porta, la bambina non riusciva a dormire. Scese con i piedi nudi sul parquet, mentre un brivido le faceva venire la pelle d’oca. Si avvicinò alla finestra stringendo­si addosso la maglietta dellamadre defunta. Anche a distanza di mesi - ormai era estate inoltrata - le sembrava di sentire ancora il suo profumo dolce e pungente allo stesso tempo. Appoggiò una mano sul vetro, sentendo attraverso le dita le vibrazioni delle gocce di pioggia che si abbattevan­o sulla casa. Fuori l’erba sembrava nera come l’inchiostro nella notte scura e tempestosa, e i tulipani che la zia coltivava con tanto amore sembravano sul punto di staccarsi dal terreno e volare nel cielo, liberi da ogni radice. Le stelle erano invisibili, coperte da una coltre grigia di nuvole. A Zoe sembrava di essere tornata in quella casa in montagna, d’inverno. Stava aprendo i regali e la bufera di neve le era sembrata così artistica e accoglient­e. Cos’era dopotutto un Natale senza neve? Una lacrima le at- traversò le guance paffute, mentre ricordava le braccia rassicuran­ti dei genitori che la proteggeva­no dal tetto che crollava sulle loro teste. Era stata tutta colpa sua.

Non avevamai creduto nei fantasmi, eppure da quel giorno spesso le apparivano in sogno o da sveglia, a fianco a lei, le sagome dei genitori morti per proteggerl­a, che le sussurrava­no che era tutta colpa sua. A volte le voci sembravano urlare e lei si premeva le manine sulle orecchie per scacciarle via. Non era stata più in grado di parlare da quell’episodio, farfugliav­a solo, nessuno era più capace di capirla. Ormai non aveva più paura di niente, voleva solo stare in pace. Ora gli alberi sembravano chiamarla, l’erba le appariva accoglient­e. Senza pensarci due volte, corse alla porta facendo attenzione a non cadere col passo traballant­e dovuto alla botta in testa provocata da una trave di legno che era riuscita a penetrare l’abbraccio dei suoi e uscì. Scese velocement­e i gradini del portico e si sdraiò sul prato, il vento talmente forte da farla sentire più leggera dell’aria.

Strinse i fili d’erba tra le dita paffute, come potessero ancorarla a terra, mentre i capelli le solleticav­ano le orecchie, e os- servò le nuvole coniche che stazionava­no nel cielo. Il mondo sembrava infuriato. Era come se il vento avesse deciso di sradicare gli alberi e le nuvole di oscurare la luce della luna e delle stelle. Eppure Zoe non aveva paura.

Le sembrava che l’energia della tempesta le si infondesse nelle ossa e la facesse diventare potente, invincibil­e. Sentì il rombo di un tuono che stava per arrivare e rimbombare in tutta la campagna circostant­e. Rimase qualche minuto in ascolto della natura infuriata poi, senza altri preavvisi, un fulmine si schiantò a qualchemet­ro da lei, facendola sobbalzare. L’elettricit­à si propagò in tutto il giardino, passandole la scossa in tutto il corpo fragile di bambina. Zoe saltò in piedi, rendendosi conto di cosa stava facendo e cosa aveva intorno: l’erba era bruciata in un punto, e un’altra saetta si preparava a schiantars­i. Corse verso casa con la testa che le girava notevolmen­te e sbatté la porta alle sue spalle. Si appoggiò al legno e inspirò profondame­nte, tremante come una foglia. Quando alzò lo sguardo verso la parete opposta, dove un grande specchio ricopriva la carta da parati, rimase scioccata: i grandi occhi, una volta color nocciola, ora erano viola come iris.

NO NERA PIÙ STATA IN GRADO DI PARLARE DA QUELL’EPISODIO. FARFUGLIAV­A SOLO. NESSUNO ERA PIÙ CAPACE DI CAPIRLA. ORMAI NON AVEVA PIÙ PAURA DI NIENTE

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