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LA GIRAMONDO CHE È NATA PER BALLARE

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Quando Mikaela racconta, è meglio avere un mappamondo a portata di mano. Lamamma è afghana. Il papà angolano. Lei è nata a Mosca. Quand’era piccola l’hanno portata in Africa. Nel 2000 è approdata a Genova con madre e sorellina. E, per non smentirsi, s’è scelta il fidanzato durante un soggiorno di tre anni in Cina. È un ragazzo francomaro­cchino che studia e fa il dj a Shanghai. «Gli devo tanto», dice. «Ha capito che in Cina non ero felice e mi ha spinto a tornare. Avevo paura di perderlo. E invece l’amore resiste».

Ma lui ha capito cos’è successo? Ha capito di essere il fidanzato della velina bionda?

«Mi sa di no. Anch’iomi sento catapultat­a in un mondo nuovo. Si lavora tanto. E ogni volta che entro in studio è un’emozione fortissima. È stupendo, ma esco distrutta».

In effetti, non vi risparmiat­e. Avete fatto vedere cose che noi umani...

«Per la prima volta hanno preso ballerine profession­iste. Ma muoversi sul bancone coi tacchi è dura anche per noi. Quando poi si mettono dimezzo Greggio e Iacchetti c’è da ridere. Ecco, si ride tanto. C’è un affiatamen­to incredibil­e. Come una famiglia».

Come va con Shaila, la velina mora?

«Benissimo. È bella, determinat­a, ha la dolcezza della gente del Sud. E, beata lei, si piace tantissimo».

Dove sono avvenuti i primi passi da velina?

«In Angola, avevo cinque anni, andavo per strada, c’era lamusica, la gente ballava e io mi buttavo inmezzo. Tutti mi applaudiva­no e mi hanno subito preso allo stadio per ballare prima delle partite. È cominciato lì».

Cos’è rimasto di quei momenti?

«Tutto. In Italia ho frequentat­o scuole di moderna, classica e Hip Hop. La mia passione per il ballo non ha confini».

Cosa vuol dire?

«Che ho assorbito ritmi e tradizioni da tutti i Paesi dove sono stata».

Anche dall’Italia?

«Soprattutt­o dall’Italia. È il Paese che mi ha dato di più».

Cosa in particolar­e?

«Eravamo in Angola, mamma e papà, che poi è mancato, non andavano più d’accordo ed eravamo senza una lira. Una coppia di italiani prima ha trovato lavoro a mia madre, poi ci hanno portate tutte a Genova. Era dura, soldi per i vestiti o anche solo per un ovetto di cioccolato non ce n’erano. Ma loro ci sono sempre stati, ci hanno fatto sentire parte della loro famiglia. Senza di loro non potrei essere qui. In casa sono l’unica a non avere ancora il passaporto italiano. Ma questo è il mio Paese. E guai a chi me lo tocca».

Mai un problema?

«Sì, qualche cattiveria c’è stata. All’inizio ci soffri. Poi capisci che è solo ignoranza. Per il resto, Genova era una bellezza di città. In strada o nei negozi la gente ti salutava, ti sorrideva, ti faceva le feste».

Adesso non è più così?

«Guerre, soldi che non ci sono, paura dell’immigrazio­ne. La gente è più diffidente. Non gliene faccio una colpa. La faccio ai politici che affrontano certi temi in modo indecente».

Una nomination per il tapiro?

«A Salvini». Giuseppe Fumagalli

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