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Andrea Vitali «In Giappone vanno pazzi per la mia Bellano» di Andrea Greco

L’ ULTIMO ROMANZO È UN SUCCESSO, I SUOI LIBRI SARANNO ALLEGATI A OGGI E AL CORRIERE ED È TRADOTTO IN TUTTO ILMONDO. EADESSO? «ALSOLITO: CERCODI CONVINCERE I PAESANI CHEIMIEI SONO SOLO PERSONAGGI DI FANTASIA»

- Di Andrea Greco - foto Fernando Arias/Contrasto

Camminare per Bellano con Andrea Vitali è come camminare per Tavullia con Valentino Rossi. A ogni passo sono pacche sulle spalle, strette di mano, compliment­i, saluti. Per tutta la comunità è il “cittadino illustre”, anche se è meglio non farglielo notare, perché si viene prontament­e mandati a quel paese. Vitali qui è stato prima, per decenni, il medico di tante famiglie e poi ha raggiunto il successo con romanzi che, come se non bastasse, hanno proprio in Bellano il teatro delle storie raccontate. Come l’ultimo, uscito proprio in questi giorni, Bello, elegante e con la fede al dito. E come i romanzi della collana che il nostro settimanal­e vi proporrà come allegato dalla prossima settimana, per 25 uscite. Andrea Vitali, racconta, ha sempre avuto voglia di scrivere. Ma se prima di pubblicare romanzi, per tanti

anni, ha curato sciatiche e laringiti un motivo c’è, anzi due. A voler essere precisi, si tratta di due episodi. Il primo risale al ginnasio: «Mi ero preso una cotta per una ragazzina, e vinsi la timidezza scrivendol­e appassiona­te lettere d’amore; lei però, per nulla impression­ata, scelse un mio compagno, più pratico, che le offriva passaggi in motorino». Dopo questo bagno di realtà, ci pensò il signor Vitali, impiegato comunale, a rincarare la dose e a spegnere, o quantomeno a posticipar­e, ogni velleità letteraria del figlio: «Verso la fine del liceo classico, forte di letture e suggestion­i, organizzai un discorso strutturat­o con logica ferrea ed esposi amio padre l’intenzione di dedicarmi al giornalism­o: lui ascoltò paziente, alla fine fece una pausa di riflession­e e poimi disse: “No”. Chiudendo così il discorso. Salvo poi spiegarmi che, anche se io desideravo diventare un giornalist­a, dubitava che il direttore del Corriere della Sera non vedesse l’ora di assumermi. Perciò, visto che i soldi in famiglia erano misurati, era meglio puntare su qualcosa di un po’ più solido, come il medico».

«LICEALE, SPIEGAI A MIO PADRE PERCHÉ AVREI FATTO IL GIORNALIST­A. MI ASCOLTÒ E RISPOSE: “NO” »

E si è mai pentito di aver fatto tanti anni il medico? «Assolutame­nte no, per tanti anni l’ho fatto con grande piacere. Poi noimedici di base siamo diventati un po’ dei passacarte: ordiniamo analisi, mandiamo dagli specialist­i, firmiamo ricette. E così mi è passata la voglia. Mi ricordo che un giorno si è presentato un paziente e ancora prima di sedersi

mi ha detto: “Dottore, ho l’influenza, la curo con la tachipirin­a, ho bisogno tre giorni di riposo”. Con internet la gente ha iniziato a venire da me che era convinta di sapere diagnosi, prognosi, cure… Ho lasciato perdere e mi sono dedicato alla scrittura, anche se l’ambulatori­o l’ho tenuto». Il suo ultimo romanzo è piu graffiante dei precedenti. «Einfatti qualche lettoremi ha scritto per protestare. Pensi che ho da parte un paio di romanzi, metafisici, completame­nte diversi da quelli che normalment­e pubblico, e non ho il coraggio di farli arrivare in libreria. Temo che i miei lettori abituali si sentano traditi. Ho il massimo rispetto per chi tira fuori il portafogli­o e compra un romanzo, non lo si deve mai ingannare». I suoi compaesani non si ricono- scono mai nei suoi romanzi? «Mai. Però sono invece sicuri di individuar­e persone che hanno conosciuto. All’inizio, a chi mi fermava sostenendo di aver riconosciu­to Tizio o Caio in un mio romanzo spiegavo che nelle mie storie non ci sono personaggi reali, però vedevo che mi ascoltava- no poco convinti. Così adesso, quando capita, faccio spallucce e bofonchio che non posso rivelare nulla». Va bene il lago, le pacche sulle spalle, i sorrisi a ogni passo, ma non è mai tentato di trasferirs­i in una grande città e frequentar­e i salotti letterari? «Per carità, io qui sto benissimo. L’altro giorno ho cenato in una baita qui sui monti, con gli amici, polli ruspanti e vino rosso. Crede che avrei preferito essere a un aperitivo a Milano? A me non interessa vincere lo Strega». Lei è molto tradotto. La stupisce che in Turchia qualcuno si diverta leggendo cosa accade a Bellano? «Mi stupisce ancora di più che i miei romanzi abbiano successo in Giappone».

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