IL PRODUTTORE ERA UN MOLESTATORE. E HOLLYWOOD TREMA
Harvey Weinstein,
uno dei più potenti produttori cinematografici, cofondatore della Miramax e della successiva Weinstein Company, è stato licenziato con effetto immediato dalla compagnia che porta il suo nome.
Cosa è successo?
A seguito di un’inchiesta del New York Times, Weinstein è stato accusato di aver molestato sessualmente, negli ultimi tre decenni, una quindicina di donne tra dipendenti, attrici e modelle. Tra le sue accusatrici anche l’italiana Ambra Battilana, già testimone di parte civile nel processo Ruby Bis, e le due attrici Rose McGowan, la prima ad aver sporto denuncia, e Ashley Judd. In sintesi, se le portava in albergo e poi chiedeva loro massaggi e prestazioni sessuali in cambio di carriera e promozioni. Alla Judd, 20 anni fa, chiese di guardarlo mentre si faceva la doccia, poi tentò di convincere Liza Campbell, scrittrice, a farsi il bagno insieme. Si masturbò davanti a Lauren Sivan, ex reporter di Fox News, mentre la produttrice Elizabeth Karlsen una volta se lo trovò nudo nel suo letto.
Perché ci sono voluti trent’anni? Per tutti era un uomo per bene, sposato con due figli, e un grande lavoratore. Oltre ad aver fondato la Miramax con il fratello Bob (poi ceduta alla Disney), ha conquistato parecchi Oscar, da Genio ribelle a The Artist. Senza contare che è a lui che dobbiamo tutti i film di Quentin Tarantino. Una vicenda simile a quella di Bill Cosby dei Robinson, per intenderci, anche lui denunciato solo dopo tanti anni (poi conclusasi con l’annullamento del processo).
Reazioni? Meryl Streep, che conWeinstein ha vinto l’Oscar per The Iron Lady, dice che non ne sapeva nulla e ha parlato di un «disgustoso abuso di potere» e chiamato «eroine» le donne che hanno rotto il silenzio. Impassibile, invece, il presidente statunitense Donald Trump, che candidamente ha ammesso: «Non sono sorpreso».
E ora che succede? Weinstein si è scusato e ha fatto sapere di essere in terapia. Ma ora che anche Lisa Bloom, una dei suoi avvocati, ha preferito rimettere il suo mandato, le cose per lui si mettono male.