Ma Cracco è davvero
NEL REALITY S’INFURIA, STREPITA E FA PIANGEREI CONCORRENTI. MA CO MESI COMPORTA NELLA REALTÀ? ECCO I PARE RIDI CHILO CONOSCE BENE
Che figura di m… ho invitato quattro giornalisti e due si sono alzati da tavola dopo l’antipasto. Dovevate servire loro un astice alla catalana, è arrivata un’insalata di pomodori, sedano e cipolle. Vero, Andrea?». A Hell’s Kitchen, il reality di cucina di SkyUno (ilmartedì sera alle 21.15) Carlo Cracco non risparmia nessuno. Quando Federica, una biondina volenterosa di 23 anni, corre a prendere il basilico per terminare un piatto, lo chef la insegue urlando: «Cosa ca...o stai facendo? Ma vai a ca...re, devi servire il tavolo!». Davanti alla durezza del capo, i concorrenti abbassano gli occhi, mortificati. E pensare che quelli di Hell’s Kitchen sono professionisti, mica semplici appassionati di cucina. Così, alla terza sfuriata di seguito, gli spettatori se lo chiedono: ma questo Cracco ci fa o ci è? È così cattivo anche nella vita?
«TI INCORAGGIA SEMPRE»
Almo Bibolotti, che nel 2014 si vide sfuggire la vittoria di Masterchef per un soffio e oggi fa lo chef privato in tutto il mondo, scuote la testa deciso: «Cracco sa essere duro, sì, ma è anche molto umano. È il tipo che in trasmissione ti dà una ripassata ma poi a telecamere spente viene a darti suggerimenti per migliorare il tuo piatto. Se fa il cattivo lo fa per lo show». È il suo personaggio, insomma. Ilaria Bellantoni, però, non è d’accordo. Qualche anno fa, la giornalista passò un mese nelle cucine di Cracco per preparare il suo libro Lo chef è un Dio ( Feltrinelli), un viaggio senza rete nelmondo dell’alta ristorazione. Nel testo, in realtà, lo chef non viene mai nominato: Bellantoni ha usato degli pseudonimi, Vito Frolla, Testa di Sugo. E a parlare con lei si capisce il perché: «SeCracco è come in tv? Anche peggio. Conme presente si tratteneva, ma i suoi sottoposti mi hanno raccontato di insulti, lancio di cucchiai, spintoni. Le grandi cucine sono un ambiente militare, si sa, ma in alcune c’è più arroganza che in
altre. E le prime vittime sono i “cuochini”, ragazzi appena usciti dall’alberghiero che farebbero qualsiasi cosa per imparare».
«DETESTO I SUOI METODI»
Non basta. Quando l’autrice intervista Gualtiero Marchesi (che di Cracco è stato il maestro) chiedendogli di “Vito Frolla”, Marchesi risponde così: «Non mi piace il modo che ha di comandare, di imperversare sulla gente. Odio i metodi duri, in cucina si dovrebbe spiegare, insegnare». Oddio, ma allora è vero, Cracco è il sergente cattivo di West Point. «Ma no... Carlo è un organizzatore meticoloso e pretende il massimo, ma non è mai ingiusto», commenta Paolo Marchi, giornalista enogastronomico e ideatore di Identità Golose, che conosce lo chef da vent’anni. «I grandi cuochi isterici ci sono, ma sono altri», assicura Marchi, «come quell’italiano famoso che una volta, nella cucina di un albergo svizzero, gettò del brodo bollente addosso a un sottoposto. Lo buttarono fuori all’istante e gli andò bene, perché quella era roba da denuncia». Siamo oltre i confini del nonnismo, come in quelle cucine in cui gli chef usano il torcione, lo straccio inamidato e arrotolato con cui frustare il malcapitato di turno (succede, fidatevi). Urge chiedere a chi Cracco ce l’ha avuto come capo: Luca Gardini, eletto miglior sommelier del mondo, ha lavorato nel suo ristorante per sei anni. Oggi ha un locale suo ( la Casa dimare, a Forlì) e con lo chef di Hell’s Kitchen, ammette, «non si è lasciato benissimo». Eppure, sentite qua: «Che Carlo sia uno tosto non c’è dubbio. Sa essere duro, perfino cinico: se ha deciso che vuole una cosa tira dritto come un carrarmato e quando ti riprende fa davvero paura», dice il sommelier. «Detto questo, Cracco ha una grandissima qualità: sa tirare fuori il meglio dalle persone. Pensi di poter dare dieci? Lui ti dimostra che puoi dare mille. Se facevo un errore magari mi faceva saltare la pausa, ma mentre preparavo il concorso da sommeliermi è sempre stato vicino. E questo non lo dimentico».