E il linguista chiarisce: «È un... maschio»
Ma si dice il Var o la Var?
La domanda, visto la pervasività del tema (sul punto si è espresso persino Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto dell’Antimafia), non è oziosa. A risolvere la sciarada abbiamo chiamato Andrea De Benedetti, linguista, giornalista e autore dell’esilarante (e utilissimo) La situazione è grammatica (Einaudi). «Come tutte le novità linguistiche non di conio italiano, la norma è dettata dall’uso. È la consuetudine a stabilire quale sia il genere che si impone sull’altro», dice. Questo accade appunto perché Var è un forestierismo privo di un genere naturale, e per di più un acronimo - sta per Video Assistant Referee – che è diventato parola a sé. «Il problema è che sui giornali e in tv se ne fa un uso promiscuo: qualcuno scrive il Var, altri dicono la Var», osserva De Benedetti. E allora? «Allora la regola stabilisce che, nel dubbio, si dovrebbe preferire il maschile, che prevale, come forma standard, sul femminile. Quindi la dicitura preferibile sarebbe il Var». L’articolo “la”, tuttavia, non è del tutto fuori dai giochi. «Specie se, nel dire Var, dai per sottintesa la tecnologia. Ma qui la faccenda si complica perché ognuno può sottintendere ciò che vuole. A Milano, per esempio, dicono la 62 perché si riferiscono alla linea d’autobus. A Torino, diciamo il 62 perché sottintendiamo direttamente l’autobus», conclude De Benedetti.