Oggi

LA NONNINA ABUSIVA

TERREMOTAT­A. E POI SFRATTATA DALLA SUA CASETTA DI LEGNO. MACH E GIUSTIZIA È?

- Umberto Brindani Direttore responsabi­le

Mentre la politica si accapiglia sul Rosatellum (che non è un vino leggero, anche se ad alcuni dà alla testa) e la magistratu­ra offre una pessima prova di sé in certi complessi misteri nazionali (vedi lamorte di David Rossi, articolo a pag. 54), non c’è stato finora uno straccio di politico o di magistrato che si sia mosso per evitare una piccola grande ingiustizi­a nelle terre ferite dal terremoto. Sto parlando dello sfratto di una nonnina quasi centenaria dalla casetta di legno in cui si era sistemata, dopo che la sua abitazione era stata resa inagibile dal sisma di un anno fa.

Èuna di quelle microstori­e che spiegano, meglio di tanti ponderosi saggi, lo strano Paese in cui viviamo. Dunque, la signora Peppina (Giuseppa) Fattori ha vissuto per 75 dei suoi 95 anni in una piccola località in provincia di Macerata, San Martino di Fiastra. Suo marito Gaspare, detto Rino, è morto dieci anni fa. Dopo l’ultimo terremoto, Peppina, con il suo gatto Oreste, è stata costretta a riparare in un vecchio container privo di bagno, residuato del sisma del 1997 in Umbria e Marche. Lì ha sofferto il freddo d’inverno e il caldo in estate. Così le figlie e il genero hanno avuto una bella pensata: si sono informati e hanno comprato una casetta tutta in legno, una specie di piccolo chalet, e l’hanno fatta montare sul terreno di loro proprietà, a pochi metri dalla casa crollata e dal container. Spesa: mille euro al metro quadrato. Si sono pure preoccupat­i di mandare al genio civile la documentaz­ione antisismic­a. Ma si sono dimenticat­i che siamo in Italia, la patria dei codicilli e degli azzeccagar­bugli, il Paese in cui «ruba una mela e finirai in galera, ruba un palazzo e ti faranno re» (copyright Francesco De Gregori).

Insomma, si sono dimenticat­i che Fiastra è nel Parco dei Sibillini e quindi ci voleva anche l’autorizzaz­ione paesaggist­ica. I giudici hanno decretato che l’utilizzo della casetta può «aggravare le conseguenz­e dannose prodotte dall’opera abusiva sull’ecosistema protetto». Poco importa che l’ «ecosistema» da proteggere sia il giardino dell’abitazione in cui Peppina ha vissuto fin da quando era una giovane sposa. Lo chalet è «abusivo», il Tribunale del riesame ha respinto anche il ricorso e così la nonnina è dovuta torna re nel freddo container di dieci metri quadrati con il bagno montato all’esterno. E se adesso il Tar non ci metterà una pezza, lì passerà l’inverno. Perché Peppina non se ne vuole andare e dice: «Quelli che mi hanno fatto del male sono delle bestie. Ma prego anche per loro e il Signore perdonerà tutti».

Già. Eppure: «Dio perdona… Io no!», era il titolo del film con Terence Hill e Bud Spencer. E, per stare in tema, lo sfratto esecutivo disposto dal Tribunale grida vendetta al cielo. Perché questa cieca inflessibi­lità fa a pugni con la storia e la realtà del nostro Paese, dove le case abusive risultano essere unmilione e 200mila, dove in alcune regioni del Sud sarebbero da abbattere sei costruzion­i su dieci, dove dal 1985 (anno del primo condono edilizio) sono state presentate oltre 15 milioni di domande, dove ancora oggi, in pieno 2017, quasi un fabbricato su cinque viene costruito senza rispettare le norme urbanistic­he e dove certi sindaci eletti in nome dell’anti-abusivismo vengono beccati a trafficare per “salvare” le case dei parenti. Potrei continuare con pagine e pagine di dati e statistich­e, ma non ce n’è bisogno. Viene solo da dire: ha a che fare con un vago senso di giustizia prendersel­a solo con la signora Peppina?

 ??  ?? Peppina Fattori, 95 anni. A fianco, in alto: la casetta di legno dichiarata abusiva dal Tribunale. Sotto: il container dove Peppina deve vivere.
Peppina Fattori, 95 anni. A fianco, in alto: la casetta di legno dichiarata abusiva dal Tribunale. Sotto: il container dove Peppina deve vivere.
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