Sul letto di morte aveva dei fogli inmano: li hanno fatti sparire!
IL PONTEFICE VENETO FU TROVATO SENZA VITA IL 29 SETTEMBRE 1978, A 33 GIORNI DALL’ELEZIONE. ORA UN VOLUME DI STEFANI A FALASCA, VICE POSTULATRICE DELLA SUA CAUSA DI BEATIFICAZIONE, CERCA DI FAR LUCE SULLE CAUSE. MA QUALCHE MISTERO RESTA
Papa Luciani si avvia a grandi passi verso la luce della santità, ma la sua vicenda terrena continua a essere avvolta in un oscuro, diabolico mistero. In concomitanza con la pubblicazione delle virtù eroiche del Pontefice dei 33 giorni - primo passo, appunto, della causa di beatificazione - arriva in libreria il saggio Papa Luciani - Cronaca di una morte, Piemme editore, di Stefania Falasca, vaticanista del quotidiano Avvenire, nonché vice postulatrice della suddetta causa di beatificazione: si tratta di una rigorosa ricostruzione, minuto per minuto, di quella fatidica, ultima sera del 28 settembre 1978 con documenti inediti e testimonianze fino a oggi secretate. Molti aspetti di quel giallo vengono finalmente chiariti, ma il nodo cruciale rimane insoluto.
ERA IMPAURITO E INTIMIDITO? MA NO…
Numerose testimonianze smentiscono la tesi che è sempre andata per la maggiore secondo cui l’ex patriarca di Venezia, Papa a sorpresa, fosse intimidito, quasimoralmente e psicologicamente schiacciato dalla grande responsabilità toccatagli. Papa Luciani, invece, era sereno, tranquillo e molto motivato. E soprattutto stava molto bene in salute: meglio a Roma che a Venezia dove il clima umido non gli giovava.
CHI GLI ERA VICINO SI CONTRADDICE
I due segretari di Papa Luciani, padre John Magee - già segretario di tre Papi (Giovanni XXIII, Paolo VI e appunto Giovanni Paolo I) poi vescovo nella sua Irlanda e coinvolto in una vicenda di preti pedofili, e don Diego Lorenzi, che Luciani portò con sé da Venezia, non l’hanno mai raccontata giusta. Quasi dieci anni dopo la morte di Luciani, i due rivelarono la storia del presunto malore di cui avrebbe sofferto il Papa nel pomeriggio o sera del suo ultimo giorno, raccontando fatti contraddittori e verità non sovrapponibili. Uno disse che nel pomeriggio Luciani accusò un affaticamento mentre passeggiava nei giardini vaticani; l’altro rivelò invece che a cena gli venne una fitta al petto. Quel giorno i due furono insieme al loro posto, accanto al Papa, e nessun altro dei numerosi testimoni fece mai cenno a quel misterioso malore.
LA TESTIMONE SEGRETA
Stefania Falasca rivela l’esistenza di una importantissima testimone di cui non si è mai saputa l’esistenza e che ha parlato per la prima volta in occasione della raccolta dei documenti per la causa di beatificazione: si tratta di
suor Margherita Marin, la più giovane del gruppo di suore di Maria Bambina che accudivano il Papa (all’epoca aveva 37 anni). La suddetta suora racconta con nitidezza i momenti dell’ultima giornata del Papa (smentendo tra l’altro i due segretari) e soprattutto la scoperta della sua morte visto che, all’alba del 29 settembre, entrò nella sua stanza insieme alla suora decana Vincenza Taffarel.
INFARTO AL MIOCARDIO: È QUESTA L’IPOTESI
Il Papa fu trovato defunto nel suo letto, in pigiama, con alcuni fogli dattiloscritti tra le mani, gli occhiali sul naso, la luce accesa e una strana espressione di sorriso sul viso, come se fosse scivolato istantaneamente e serenamente nel sonno eterno, senza avvertire nessun dolore o semplice fastidio che potesse metterlo in allarme. Quando arrivò, dopo pochi minuti dalla scoperta, il medico vaticano Renato Buzzonetti ne constatò burocraticamente la morte per cessazione delle funzioni cardiache, respiratorie e neurologiche, ma poi si ritrovò a dover dire anche come mai il Pontefice era morto: una brutta gatta da pelare. Secondo la legge italiana, in casi del genere ( persona non sofferente di gravi patologie trovata improvvisamente de- funta nel suo letto), si sarebbe dovuto mettere la salma a disposizione della magistratura per l’autopsia. In Vaticano non c’era una legge analoga (ci sarà solo a partire dal 1993) e ai più sembrava blasfemo sottoporre la salma a quell’affronto: sarebbe stato, per giunta, il primo caso del genere della storia. Perciò il referto ufficiale diffuso dalla Santa Sede parlò di infarto al miocardio, ma si tratta di una supposizione non provata e basata essenzialmente su un assunto logico: il Papa è morto di improvvisa morte natura-
le; l’infarto è statisticamente la prima causa di improvvisa morte naturale; il Papa è morto d’infarto. Buzzonetti e altri luminari esclusero il ricorso all’autopsia dicendo che, in caso di morte improvvisa e senza sofferenza, un simile intervento avrebbe anche potuto non trovare riscontri oggettivi dell’infarto al miocardio. Ma c’è chi poi parlò invece di diagnosi affrettata e poco credibile. L’Associazione italiana dei medici cardiologi contestò il referto del Vaticano affermando esattamente il contrario: senza un’autopsia nessunmedico può certificare unamorte per infarto. Ci fu poi chi immaginò altre cause: un’embolia, un’ischemia o chissà che cosa. Resta il fatto che a tutt’oggi le cause della morte di Papa Luciani restano indeterminate ed è per questo che continuano a proliferare anche quelle riconducibili a teorie complottiste.
QUEI FOGLI DEL PAPA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSI E MAI TROVATI
Se digitate sul motore di ricerca Google “Pope Luciani killed” ( Papa Lu- ciani ucciso, in inglese) vi usciranno ben 83 milioni di file. Il Papa, come abbiamo detto, fu ritrovato morto con dei fogli dattiloscritti (lo conferma anche suor Margherita Marin) che gli furono - a fatica, visto il rigor mortis - poi tolti dalle mani e riposti sulla scrivania. Alcuni dicono che si trattava della traccia di una sua prossima omelia; i complottisti dicono invece che si trattava dell’elenco dei cardinali corrotti che voleva sostituire per fare pulizia nel Vaticano di Marcinkus-Calvi-Sindona. Di fatto quei fogli sono spariti e non si sono mai più ritrovati visto che li hanno cercati, senza fortuna, in tutti i possibili archivi anche i postulatori della causa di beatificazione.
L’ASSOCIAZIONE ITALIANA DEI MEDICI CARDIOLOGI CONTESTÒ IL REFERTO DEL VATICANO
QUATTROOCCHI SGRANATI E COLPEVOLI MI FISSAVANO INATTESA DIUNAMIAREAZIONE. MI SONO LIMITATA A PULIRE BORBOTTANDO
Sul n. 44 abbiamo erroneamente attribuito a un’altra autrice questo racconto. Lo ripubblichiamo con la firma corretta, scusandoci con Cristina e con i lettori per la svista. D ormono tranquilli. Oggi hanno giocato, mangiato, ancora giocato e poi un po’ litigato per una pallina colorata. Non è facile far passare il tempo, la giornata sembrava non finire mai. Fuori non si può stare per via del freddo e della pioggia battente. Mi hanno chiesto più volte di uscire ma poi, arrivati sulla soglia di casa, hanno cambiato idea e sono rientrati. Mi sono inventata qualche gioco, ma si sono stufati subito. A un certo punto non sapevo più che cosa fare e sono andata in un’altra stanza lasciando che se la cavassero da soli. Pensavo che avrei avuto un po’ di quiete e già mi pregustavo un bel libro quando improvvisamente ho sentito unrumoredivetri rotti. Sono corsa a vedere e ho trovato le miepovere rosesulpavimento in un laghetto di acqua e cocci. Quattro occhi sgranati e colpevolimi fissavano in attesa di una mia reazione, mi sono limitata a pulire borbottando sulla giornata nera cominciatamale e continuata peggio.
Oggi nonèunodeimiei giorni migliori. Sono di pessimo umore, tutti i miei problemi si ri- presentano continuamente alla mia mente e sembrano ancora più grandi del solito. La domenica è il giorno peggiore della settimana, vorrei riposarmi ma le faccende arretrate della settimana reclamano di essere sbrigate. Se lavoro mi innervosisco perché è domenica e vorrei rilassarmi. Di divertirmi neanche a parlarne, sono anni che non esco di domenica. I miei amici sembrano sparire, ingoiati da impegni improrogabili, da famiglie affettuosissime, da attività ultradivertenti. Io no, non homai niente di speciale da fare, anche i miei passatempipreferiti di domenica sono noiosi. Non sento rumori dall’altra stanza, cosa chemi preoccupamolto. La curiosità è troppa, vado a vedere che cosa fanno Sam& Sissi. Quando scrivo i loro nomi uso la “&” perché ormai sono tutt’uno, sono una società, anzi una associazione a delinquere. Sono buoni e molto simpatici e affettuosi ma anche tanto vivaci. A volte un po’ buffi, specie quando giocano o quando dormono arrotolati.
Hanno entrambi tre anni e non so da dove provenganoma la prima volta che li ho visti ho capito che non avrei più potuto fare a meno di loro. Sono subito entrati nella mia famiglia. Sam è bianco e rosso, grande, slanciato e molto espansivo. Io e lui ci facciamo lunghe chiacchierate. Sissi è bianca e grigia, minuta ed elegante, la vera padrona di casa. A lei non sfugge nulla, dalla finestra lasciata aperta a Samche si è ficcato nei guai, mi avvisa di tutto. E mi segua come un’ombra, ovviamente prendendo nota di tutto. Vado a vedere che cosa combinano, non sento neanche miagolare, forse dormono. Quando apro la porta vedo delle zampine che rincorrono un coccio del vaso finito sotto un mobile. Io non l’avevo vistoma loro sì. E ne hanno subito fatto un nuovo gioco, una specie di football-rugby di cui ignoro le regole ma che li diverte damatti, tanto che non si accorgono della mia presenza. Scoppio a ridere perché sono belli, divertenti, eleganti e teneri. Vorrei mangiarmeli di baci ma mi trattengo perché non voglio interrompere la magia.
Così mi siedo in un angolo e mi godo lo spettacolo dei miei gattini che mi hanno insegnato una piccola grande verità: godersi quello che si ha. Loro non sono usciti perché il tempo è brutto, hanno giocato con me anche se non ero molto di compagnia, hanno dormito sopraffatti dalla noia e ora, proprio quando sembrava che non ci fosse più niente di divertente da fare, hanno inventato un nuovo gioco con un semplice coccio dimenticato.