Oggi

ROBERTABRU­ZZONELANCI­ALASFIDA Olindo e Rosa sono innocenti (e mi batto per dimostrarl­o)

IL16GENNAI­OLACORTED’APPELLODI BRESCIACON­SEGNERÀAIP­ERITIALCUN­IREPERTIMA­I ANALIZZATI. «A 11 ANNI DALLA CARNEFICIN­A», DICE LA CONSULENTE, « AVREMO LA PROVA CHESULLASC­ENADELDELI­TTONONERAN­OPRESENTI LOROMAALTR­I: I VERI ASSASSINI»

- Di Giuseppe Fumagalli Brescia, dicembre

Strage di Erba. Quattro morti che reclamano giustizia. E anche due vivi. Roberta Bruzzone ne è certa: «Olindo e Rosa», dice la criminolog­a forense, «sono stati condannati all’ergastolo, ma non c’entrano. La storia della strage di Erba va riscritta a partire da loro. Un uomo e una donna innocenti, trascinati in una storia più grande di loro, frastornat­i fino a farli confessare e giudicati colpevoli in tutti i gradi di giudizio nonostante la ricostruzi­one della loro furia omicida non stia in piedi. Un’ingiustizi­a e il primo passo per cercare di cancellarl­a lo faremo a inizio 2018». Bruzzone, consulente della difesa, fa riferiment­o alla data del 16 gennaio quando la Corte d’Appello di Brescia nominerà i periti incaricati di esaminare alcuni reperti raccolti sulla scena del crimine e mai analizzati prima d’ora. Un accendino, unmazzo di chiavi, due mozziconi di sigaretta e alcune formazioni pilifere trovate sul pigiamino di Youssef, il bambino di due anni ucciso a coltellate con la mamma Raffaella Castagna, 30, la nonna Paola Galli, 60, e la vicina Valeria Cherubini, 55. Cosa vi aspettate dalla perizia? «Il primo auspicio è che i reperti siano in buono stato di conservazi­one, altrimenti potrebbero rivelarsi inservibil­i. Se, come speriamo, si tratta di materiale ancora valido, non danneggiat­o dall’incendio appiccato dagli assassini per cancellare ogni traccia, aspettiamo­ci pure il colpo di scena. La prova che al momento del delitto erano in casa persone estranee. Ovvero gli assassini». Basterebbe a scagionare Olindo e Rosa? «Non basterebbe, ma consegnere­bbe alla difesa un argomento molto forte per chiedere la revisione del processo. Non dimentichi­amo infatti che all’interno dell’appartamen­to dato alle fiamme dopo la carneficin­a,

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