Oggi

LUCA GOLDONI

- di Luca Goldoni

Ho ucciso una rondine e, anche se ho mille attenuanti, un rimorso ce l’ho. Quando anni fa comprai la vecchia casa in collina, Guido, il proprietar­io, me ne mostrò gli aspetti segreti: la casetta per il picchio verde, quelle per gli uccelli di passo che scendono a bere nello stagno, il laghetto e il garage con i nidi di rondini. I piccoli tutto becco facevano un baccano infernale. Se ci metti la macchina, disse, coprila di giornali... Mi documentai rinfrescan­do le nozioni del liceo. Le mie rondini erano della specie piú diffusa, Hirundo Rustica, lunga 20 cm, testa grande, becco largo che giunge lateralmen­te sotto gli occhi, piumaggio nerazzurro sopra e bianco-ruggine sotto. Ma un conto è leggerne, e un altro conto vederle partire, a settembre, in stormi sterminati per un fantastico volo verso l’Africa centrale. Molte, stremate, avrebbero chiuso le ali sul mare o sul deserto spazzato dal ghibli. Le più forti sarebbero tornate a primavera, orientando­si col sole e le stelle. Ma la loro facoltà più straordina­ria è che, in virtù di una memoria più mostruosa del computer, ciascuna individua dall’alto il “suo” tetto, abbandona lo stormo in picchiata ed è a casa. Le “mie” erano favorite dallo specchio del lago e dalla macchia cupa degli abeti. Guido aveva appeso alle grondaie piccoli trapezi per favorire l’atterraggi­o. Ma quelle scriteriat­e saettavano oblique fra le sbarre di un finestrone a 70 all’ora, ed estraevano gli aerofreni nell’impennata verso i nidi. Altro che Frecce Tricolori. Quest’anno ho dimenticat­o di togliere dalla finestra la lastra trasparent­e con cui d’inverno proteggiam­o le cucciolate. E la rondine ci si è schiantata contro. Giaceva col capo insanguina­to e i miei cani e la gatta le giravano attorno rispettosi, soggiogati da quel cadaverino in abito da sera. Questa è la notizia minima che emoziona chi, per mestiere, ha vissuto fra titoli cubitali.

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