VITTORIO SGARBI
La dichiarazione della Pfizer sui risultati negativi di una ricerca condotta su un nuovo farmaco per la malattia di Alzheimer ha creato grandi preoccupazioni tra i familiari di chi soffre di questa grave malattia. Il farmaco, noto con il nome di idalopiridina, agisce come antagonista di particolari recettori cerebrali della serotonina che sono implicati nei processi di memoria
e apprendimento. È stato studiato per due anni in oltre 2.500 pazienti dell’età media di 74 anni affetti da forme moderate di Alzheimer, divisi in vari gruppi trattati con inibitori delle colinesterasi e con aggiunta di placebo oppure di idalopiridina a 3 dosi: 10, 30 o 60 mg. Durante lo studio sono stati rilevati vari parametri per memoria, l’apprendimento e altre attività cognitive ma non si è potuto verificare alcuna differenza fra i vari gruppi, il che indica che il nuovo trattamento non è differente dal placebo. I risultati negativi hanno indotto la Pfizer a rinunciare. È grave l’abbandono da parte dell’industria di aree di ricerca di cui c’è un grande bisogno. Ma questo non deve scoraggiare, perché la ricerca sulle demenze continua comunque in molte industrie farmaceutiche e in molti laboratori accademici. « Provare e riprovare» è il motto della ricerca scientifica. Prendere vantaggio dai dati negativi per fare meglio. La ricerca è un grande investimento che prima o poi dà i suoi frutti.