Potremo fare ameno della plastica?
LA GRANBRETAGNA VUOLE ELIMINARE I PRODOTTI USA E GETTA ENTRO IL 2042, L’UE PENSAAUNATASSA
No,no nsipuòfarne ameno, perché èpresenteovunque. Con il termine “plastica” si indicano migliaia dimateriali polimerici, con caratteristiche molto diverse fra loro. Indossiamo abiti in poliestere e pile, mangiamo polisaccaridi in salse e integratori, cuciniamosu padelle in teflon, viaggiamo su sedili di poliuretano, usiamo contenitori di polistirolo o polipropilene, arrediamo casa con oggetti in PVC. Quello delleplastiche, nonostante la crisiormai decennale,
è un settore sempre in crescita. L’anno scorso, nel mondo, sono stati prodotti 322 milioni di tonnellate di materiali polimerici dei quali oltre il 50% è costituito da polietilene e polipropilene, i primi polimeri prodotti industrialmente all’inizio degli Anni 60 grazie a un brevetto italo-tedesco. Molte di esse sono riciclate, ma una grossa parte sfugge al controllo a causa della cattiva gestione dei rifiuti solidi urbani e della cattiva abitudine di spargere rifiuti nell’ambiente. Il risultato è la creazione di “isole galleggianti” negli oceani, che cominciano a vedersi anche nel Mediterraneo. Già nel 1972 fupubblicatosu Science ilprimo articolo sulla diffusione di microplastiche nel Mar dei Sargassi. Le caratteristiche che allora hanno consentito la diffusione delle plastiche (leggerezza, durabilità, resistenza) rappresentano oggi il “problema” poichémolte di esse impiegano decine di anni per degradarsi, formando poi micro plastiche che risalgono le catene alimentari fino ad arrivare nei nostri piatti. Che fare, allora? Serve un corretto smaltimento dei rifiuti e un’attenta raccolta differenziata. E bisogna usare, quando possibile, polimeri biodegradabili, come le stoviglie “usa e getta” in PLA (polilattato) al posto del PS (polistirene), o i sacchetti in Mater-bi al posto di quelli in polietilene.