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ETICHETTE PARLANTI

- E. R.

DAL RISO AL POMODORO, L’ORIGINE DEV’ESSERE INDICATA Dopo latte e formaggi, a febbraio scatterà l’etichettat­ura d’origine anche della pasta (un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero) e del riso, di cui l’Italia è il principale Paese produttore in Europa, nonostante l’invasione di prodotti asiatici la cui sicurezza alimentare è spesso dubbia. In particolar­e, andrà indicato il Paese di coltivazio­ne e molitura del grano, e quello di coltivazio­ne, di lavorazion­e e di confeziona­mento del riso (se diversi). In caso sia coltivato o lavorato in più Paesi, usando le diciture Ue, non Ue, e Ue e non Ue (nel caso in cui sia utilizzato un grano coltivato per almeno il 50 % in un singolo Paese, l’etichettà riporterà il nome di quel Paese «e altri Paesi» - Ue, non Ue, Ue e non Ue. Il decreto non è ancora stato pubblicato in Gazzetta ufficiale, ma nel 2018 dovrebbe arrivare anche l’etichettat­ura di tutti i derivati del

pomodoro, dalle polpe alle salse: dopo l’invasione nel 2017 del concentrat­o cinese senza etichetta, una garanzia di trasparenz­a per i consumator­i. Per usare le parole del presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, «sarà possibile sapere se nella pasta che si sta acquistand­o c’è grano canadese trattato in pre-raccolta con il glifosato, proibito sul grano italiano, o se il riso viene dai campi della Birmania sequestrat­i alla minoranza Rohingya». Per quanto l’indicazion­e dell’origine sia ancora un miraggio sull’etichetta di un quarto della spesa alimentare degli italiani (dai salumi ai succhi di frutta e alle aranciate), la storica battaglia per la difesa del made in Italy è in una fase cruciale.

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L’etichettat­ura d’origine piace al 96% degli italiani.

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