EDITORIALE
I BITCOIN, LABLOCKCHAIN... MACOSADIAVOLOSONO? CHEDIREBBEILCOMMISSARIOMONTALBANO?
Lunedì sera guardavoMontalbano alle prese con il computer, questo sconosciuto. System error, riavviare. «Ma io non voglio riavviare!». Faceva sorridere, faceva tenerezza, e in quella scena si potevano immedesimare tutti i non nativi digitali. Io, a differenza del Commissario di Vigata, con il pc e gli altri cosiddetti device me la cavo, ma devo confessare che nel vertiginoso sviluppo tecnologico c’è sempre qualcosa di nuovo che mi sfugge.
Per esempio, in questa storia dei bitcoin non ci ho capito un granché. È la moneta virtuale, d’accordo. È valuta digitale, con cui si può fare shopping, dicono, o moltiplicare i guadagni. C’è gente, dicono, che è diventatamilionaria in un amen, o forsemiliardaria, non saprei. Dicono. Ai vecchi tempi, quando si voleva smascherare una bufala, una cosa inventata (ciò che oggi si chiama, ahimè, fake news) si tagliava corto: ma ionon l’homai vista! Chi l’ha mai vista? Oggi, del bitcoin, non si può più dire. Ti risponderebbero come Quentin Tarantino in Pulp Fiction: «Hai per caso visto qui fuori un cartello con scritto “Deposito negri morti”? No? Ebbene, non l’hai visto perché non c’è!».
Loro, i ganzi delle tecnologie, ti direbbero: «I bitcoin non li vedi, ma ci sono». A milioni, miliardi, fantastiliardi. Vengono fabbricati (fabbricati?) in certi capannoni industriali dismessi nell’Est Europa, o in zone semidesertiche dell’Asia Centrale, perché, dicono, ci vogliono enormi quantità di energia per ottenere un solo, singolo bitcoin, e quindi bisogna fabbricarli (fabbricarli?) dove l’energia costameno. Si devonomettere in collegamento fra loro decine di computer, che formano una blockchain (una catena di blocchi), e farli andare per ore, giorni o mesi, non saprei. Alla fine viene fuori un bitcoin, o più di uno, non saprei, ma bisogna sbrigarsi a procurarseli perché i bitcoin, un po’ come il petrolio, sono limitati, presto non ce ne saranno piùdinuovi e bisognerà arrangiarsi conquelli vecchi.
VSera oi capite che siamo ai limiti della follia, o della presa in giro planetaria. E non è finita qui. Apprendo da un bell’articolo di MassimoGaggi sul Corriere della che negli Stati Uniti la blockchain, qualunque cosa significhi, viene già usata anche nelmondo del giornalismo, poiché è «una tecnologia che certifica tutto, anche le operazioni minime, in pochi secondi e a costo zero». Comincio a preoccuparmi, i misteri simoltiplicano, questa fantomatica blockchain inizia a darmi sui nervi. Io sto scrivendo questo articolo, poi verrà stampato e voi lo state leggendo, che altro ci vuole? Gaggi spiega che quello sarebbe un modo innovativo per finanziare gruppi di giornalisti indipendenti: insomma, un sistema per raccattare soldi.
Mi frugo intasca, trovounamonetada 2 euro e unada 50 centesimi. Bene, mi sento rassicurato. Questo è denaro che vedo e che sento tra le dita. Esiste, così come esiste il giornale che avete in mano. Non ho niente contro il mondo digitale, ci vivo dentro come tutti voi, ma temo di nutrire una sorta di diffidenza per ciò che non vedo e non posso toccare. Io sono un prodotto del secolo scorso, e immagino che i millennials non capiscano quello che intendo dire. Ho imparato a fidarmi delle carte di credito e del Telepass, ma se apro un conto in banca mi fanno firmare decine e decine di fogli di carta, guarda un po’. In macchina uso il navigatore satellitare e sfrutto i gadget che ci sono, ma non credo saliròmai su un’auto a guida autonoma affidando a un computer la mia vita e quella dei miei familiari. Ho provato, come tanti, a leggere libri sull’e- book, ma sono tornato presto ai vecchi, cari, sani volumi cartacei (sia detto tra parentesi: la crescita degli e-book si è fermata in tutto il mondo).
Del resto, so che convoi sfondouna porta aperta. Semi state leggendo vuol dire che avete deciso di passare qualche minuto in compagnia di un giornale invece di smanettare ossessivamente su un telefonino. Forse perché vi dà piacere, forse perché cercate informazioni certificate da esseri umani e non da una sfilza di computer. Il vecchio KarlMarx usava un concetto filosofico («reificazione») per criticare il capitalismo, che a suo dire trasformava l’uomo in unmero produttore di oggetti ( res in latino vuol dire «cosa») e quindi in oggetto esso stesso. Mah. Sarà. Io spero di continuare a vivere, comeMontalbano, in un mondo pieno di oggetti. Reali e non virtuali.