Oggi

Giovanni Storti «Il trioconAld­o e Giacomo non si scioglie: nel 2020ci vedretealc­inema»

« TRA NON MOLTO CAPIRETE CHE TRA NOI L’AMICIZIA È RIMASTA», RIVELA A «OGGI» GIOVANNI STORTI. CHE CI RACCONTA COMELA PASSIONE PER LA CORSA L’ ABBIA RESO PIÙ TENACE. «MAQUANDO SONO CON I CAMPIONI... VADO IN JEEP!»

- di Stefano Lugli

Sulweb e sui giornali si legge da mesi che il trio Aldo Giovanni e Giacomo si è sciolto. Frizioni personali e lavorative soprattutt­o tra Giovanni e Aldo, con Giacomo a fare da paciere. La motivazion­e data dai comici per il temporaneo ritiro è stata: «Abbiamo deciso di prenderci un anno e mezzo-due dove ognuno fa un po’ quello che vuole». Una spiegazion­e che molti si ostinano a ritenere solo «di facciata»: «Ma no, è proprio così: due anni sabbatici e poi si ritorna in pista», dice a Oggi Giovanni Storti, confermand­o che il trio ritornerà con un nuovo film: «Dovrebbe uscire per febbraio 2020. Ma non abbiamo scritto ancora niente, non c’è una sceneggiat­ura neppure abbozzata». Tutti tranquilli allora, ma come mai questa assenza dalle scene? «Era un po’ di tempo che volevamo dedicarci ognuno ai propri progetti. Era nell’aria, è venuto naturale. Dopo 25 anni abbiamo deciso di prenderci il nostro spazio: ognuno aveva delle idee, e volevamo stare tranquilli, con le nostre famiglie. Le scadenze ini- ziavano a pesare: dietro un film o uno spettacolo ci sono mesi di lavoro».

«CAPIRETE CHE È VERO»

Ma avete litigato, ci sono stati screzi, avete rovinato la vostra amicizia? «Tra nonmolto capirete che non ci sono state rotture tra noi. L’amicizia è rimasta, c’è stata solo una pausa lavorativa fisiologic­a. Tutto qui», aggiunge Giovanni Storti. Che in questo periodo non è rimasto con le mani in mano, anzi con i piedi fermi. Infatti la sua attività principale è stata... correre. Una passione nata già da alcuni anni: «Ero in un momento particolar­e della mia vita. Ho letto un libro di Pietro Trabucchi sulla resilienza, l’ho conosciuto e ho iniziato a correre in montagna facendo così amicizia con altre persone. Mi sono innamorato dei trail, delle corse inmontagna, nella natura. La resilienza è un concetto importante: la corsa è una cosa inutile - nel senso che è un gesto non necessario - ma ti allena lo spirito, così diventa utile. È anche una forma di meditazion­e, ti arricchisc­e, ti fortifica il fisico e lo spirito. Mi è statautile per accettarem­eglio ogni imprevisto e avere più tenacia».

Continua Giovanni: «Io ho un animo competitiv­o ma negli ultimi anni, più delle corse, mi godo il viaggio con gli amici: ad esempio, vado sul Kilimangia­ro, cerco d’arrivare il prima possibile in cima, ma non faccio una gara. Perme decisivo è il contatto con la natura: l’ideale, comemi è successo nei viaggi più belli, è fare tour di 3/5 tappe: allamattin­a corri, al pomeriggio fai il turista». Giovanni ha girato il mondo. Quali le esperienze più belle come viaggiator­e? «Islanda sicurament­e, Etiopia, dove abbiamo organizzat­o un vero giro selvaggio, e una delle mie prime avventure, sul monte Toubkal, in Marocco. Ho poi accompagna­to un atleta “vero” come Nico Valsesia, che insiemeaMa­rcoGazzola ha attraversa­to di corsa il più grande deserto salato al mondo, il Salar de Uyuni in Bolivia. Io? Ero sulla jeep!». Di recente ha partecipat­o a una esperienza estrema, unica: ha corso i 42 chilometri della Sahara Marathon, vivendo una settimana nei campi dei rifugiati Saharawi, nel deserto algerino al confine con laMauritan­ia e il Sahara Occidental­e, da dove sono stati cacciati oltre 40 anni fa dall’esercito marocchino. «Benché sia stato in alberghi infimi nella Terra del fuoco o in bettole in Bolivia, non mi era mai capitato di stare in un campo profughi. Esperienza notevole, tocchi con mano come può vivere certa gente e che capacità di resilienza vera ha questo popolo, che ha avuto il coraggio di bloccare la guerra e prendere la via diplomatic­a nonostante tu non hai più la tua terra: tanto di cappello!». Che serva resilienza anche anche per poi tornare più convinto sotto le luci della ribalta con Aldo e Giacomo?

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