EDITORIALE
ESSERE SENZA UN VERO GOVERNO PUÒ ESSERE DIVERTENTE. MA ANCHE PERICOLOSO
Non avere un governo, in fondo, non sembra poi cosìmale. Mentre scrivo, non so ancora se e quando Sergio Mattarella abbia dato a qualcuno un incarico, un preincarico, un mandato esplorativo o una pacca sulla spalla accompagnata da un «Provaci tu, fra’». Ma sono abbastanza sicuro che, mentre mi leggete, a Palazzo Chigi sieda ancora Paolo Gentiloni, praticamente un calmante, una benzodiazepina della politica. Così il governo c’è, ma è come se non ci fosse. Anzi: non c’è, ma è come se ci fosse. Insomma, mi avete capito. Effetto collaterale positivo: non essendoci, non può fare grossi danni. La guerra in Siria? Stiamo seduti in pizzoma non ci alziamo e non partecipiamo troppo. Le emergenze interne? Calma e gesso: dovessero presentarsi, ci sono le strutture ministeriali, gli apparati burocratici, la Protezione civile, le forze dell’ordine… L’economia? A parte che, senza governo, il debito pubblico ha miracolosamente cominciato a scendere, alla crisi economica penserà il governo che verrà, quando verrà.
Il recordmondiale è delBelgio: 541 giorni di «vacanza governativa», senza una maggioranza e senza un primo ministro legittimato dal Parlamento. A dispetto delle barzellette (francesi) su di loro, i belgi se la cavarono benissimo, con l’economia in crescita proprio in quell’anno e mezzo. Idem per la Spagna (dieci mesi) e l’Olanda (8 mesi). Ma noi italiani non vogliamo esagerare, vero? Mica potremo resistere in questa situazione fino al 2019…
Certo, questo periodo “bianco” può anche essere molto divertente. Imperdibile, per esempio, è stato lo show di Silvio Berlusconi al Quirinale, con tanto di sbuffi, faccette, aggiustamenti di cravatta, conteggio con le dita, doppiaggio silenzioso di Salvini («u-ni-ta-ria-mente») e colpo di teatro finale. Eccellenti anche le performance di Elisa Isoardi nel ruolo di angelo del focolare, quelle del reggente Pd Maurizio Martina nella parte di comandante del Titanic e pure quelle della coppia SalviniDiMaio nel remake di Due irresistibili brontoloni con Jack Lemmon e Walter Matthau. Momenti di grande politica, che ci saremmo sicuramente persi se invece di galleggiare nell’incertezza i nostri eroi avessero trovato la soluzione in quattro e quattr’otto.
Vabbè, dai, abbiamo scherzato. Come si usa dire, ridiamo per non piangere. Perché l’assenza di un governo nel pieno delle sue prerogative pesa eccome. MentreGiggino, Matteino e Silvietto si baloccano con veti e controveti, un intero Paese è in attesa di risposte. Sull’economia, soprattutto. Sulle tasse e sul lavoro. Da fuori, in Europa e oltre, ci guardano un po’ preoccupati, perché la nostra famosa arte di arrangiarci stavolta potrebbe fare cilecca. Esiste, per esempio, una faccenduola che si chiama «clausola di salvaguardia»: in parole povere, se per caso i conti pubblici nel 2018 non saranno a posto, scatterà l’ennesimo aumento dell’Iva. Che, a seconda di quanto saranno sbilanciati, potrebbe essere anche del 3 per cento. Una mazzata.
Ecco perché da qualche tempo, qua e là, si è tornati a parlare di Patrimoniale, una tassa che buona parte della popolazione vede ovviamente come il fumo negli occhi. Gli ultimi a nominarla sono stati gli esperti dell’Ocse ( l’organizzazione dei Paesi sviluppati), i quali però la raccomandano per le nazioni in cui «l’imposta sui redditi personali è relativamente bassa». Francamente, non sembra il caso dell’Italia. E allora?
Pare che quest’anno, per non far scattare la clausola di salvaguardia, occorrerà trovare più o meno 15 miliardi. Dove? Fatemi fare, per una volta, una bella sparata populista. Dunque, leggo da un bell’articolo di Federico Fubini sul Corriere della Sera, che il patrimonio delle dieci famiglie italiane più ricche equivale a quello dei 18milioni di concittadini più poveri. «Dieci famiglie», scrive Fubini, «valgono patrimonialmente come un terzo del Paese». Dal 2006 al 2016 la loro ricchezza è letteralmente esplosa: da 46 a 86 miliardi. Bene. A noi tutti ne mancano solo una quindicina. Pensate che bello se i dieci capifamiglia si riunissero e dicessero: diamoli noi 15 miliardi a questo disastrato Paese, prima che ce li vengano a prendere. Gliene resterebbero pur sempre oltre 70: abbastanza, mi pare, per non costringerli a saltare le vacanze…