NINO BENVENUTI
IL CAMPIONE DI PUGILATO, GIÀ PADRE DI FAMIGLIA, CHE NEGLI ANNI 60 DIEDE SCANDALO LEGANDOSI ALL’ ATTUALE MOGLIE, SI CONFESSA IN UNA TOCCANTE BIOGRAFIA. EQUI CI DICE ...
Il pugile compie 80 anni e svela: «L’amore mi ha messo ko».
Nino Benvenuti, una leggenda della boxe - campione olimpico nel 1960, campione-mondiale dei Pesi superwelter, tra il ‘65 e il ‘66, campione mondiale dei pesi medi tra il ‘67 e il ‘70, per citare le tappe più importanti della sua straordinaria carriera - compie ottant’anni. E per l’occasione si racconta in un’autobiografia, L’orizzonte degli eventi (Cairo), scritta in collaborazione con Mauro Grimaldi e Ottavia Fusco, la vedova del regista Pasquale Squitie- ri, scomparso nel febbraio del 2017. «L’idea nasce dal progetto di Pasquale di girare un filmsulla vita di Nino che ammiravamolto», spiega Ottavia. «Purtroppo non ne ha avuto il tempo, lasciandomi l’eredità di continuare il suo lavoro». Nella sua emozionante confessione, Nino si racconta con umiltà, attraverso lametafora che la vita sia simile a un match. Con tanti colpi da parare, cadute e rinascite, amori perduti e ritrovati in un mix, dice Benvenuti, che
vorrebbe arrivasse alla gente «come un pugno al cuore». E, nel superare lo stereotipo del campione invincibile, si rivela un uomo colto e introspettivo, profondamente umano. Oggi Nino, che negli anni Settanta ebbe successo anche come attore, è un uomo sereno accanto alla seconda moglie Nadia Bertorello, 68 anni, della quale si innamorò quando era ancora sposato con Giuliana Fonzari, con cui ha avuto quattro figli di cui una adottiva. Messo sotto accusa dall’opinione pubblica, cercò di salvare il matrimonio lasciando Nadia, che intanto gli aveva dato una figlia, Nathalie. Sembrava un amore finito, ma il sentimento alla fine prevalse su ogni convenzione e Nino divorziò per poi sposareNadia nel 1998, trent’anni dopo la loro separazione. Nino, cominciamo dal ring: qual è stato il suo miglior “nemico”? «Emile Griffth, scomparso nel 2013, un avversario leale. Nella maturità, devastato dall’Alzheimer, un male “professionale” nella boxe, dovuto ai danni cerebrali causati dai pugni alla testa, Emile era povero e solo. Quando lo incontrai a New York, abbandonato da tutti in un locale di 30 metri quadri, mi venne da piangere e feci di tutto per aiutarlo. La sua vi- ta fu segnata da un brutto episodio avvenuto sul ring nel 1961, quando colpì con tanta forza Benny Perez da causarne, sia pure incidentalmente, la morte. Non voglio giustificare la violenza, ma bisogna sapere che durante il combattimento Emile fu provocato da Perez che gli rivolse un epiteto dispregiativo alludendo alla sua omosessualità. Un’offesa pesante in un’epoca in cui la diversità veniva tollerata solo per gli intellettuali, mentre metteva alla gogna un pugile, simbolo di virilità». È così buono anche con Carlos Monzòn che lamandò a tappeto?
«Monzòn sul ring rivelava un’aggressività spaventosa, frutto della sua rabbia interiore. Veniva dalla miseria, sei dei suoi 12 fratelli erano morti di stenti ed era come un belva in lotta per la sopravvivenza. In seguito, incapace di dominare i suoi istinti, Monzòn uccise lamoglie e morì in un incidente stradalementre, dopo un permesso, stava rientrando nel penitenziario. Non voglio minimizzare le sue colpe, ma era un uomo che andava giudicato e capito tenendo conto del groviglio di dolore che si portava nel cuore. Io lo feci e volai in Argentina per partecipare al suo funerale». Da dove le viene tanta serenità d’animo? «Prima di tutto dallamie radici povere e oneste e dalmio spirito religioso. Col ricordo dolce e costante di mia madre Dorina, la donna più bella, dentro e fuori, che io abbia mai conosciuto. Inoltre, soprattutto dopo aver lasciato la boxe, ho lavorato su me stesso verso una dimensione spirituale della vita, per capire che l’amore per il prossimo è un dono per noi stessi oltre che per gli altri. In un momento di crisi, nel 1995, feci il volontario in un lebbrosario in India ricevendo da quelle persone sole e sofferenti tesori di umanità». Com’è oggi la sua vita privata? «Con Nadia sto bene e, col tempo, ho ritrovato nostra figlia Nathalie, che mi ha regalato un nipote che ora ha 11 anni, Alessandro. L’ho conosciuta quando era già adulta e a lei e a mia moglie chiedo ancora perdono per il mio lungo periodo di assenza. L’unica attenuante almio comportamento è la mentalità dei tempi, per cui, a causa del legame conNadia, venni etichetta- to come pubblico peccatore, al punto che il Papa di allora, Paolo VI, rifiutò di ricevermi. Per fortuna, trovai il coraggio di chiudere con il passato e ricominciare con Nadia». Tutto questo ha avuto un prezzo? «Sì. La famiglia allargata, secondo me, è un’utopia e lamia scelta ha causato un distacco dai figli nati dal mio primomatrimonio. Una situazione delicata di cui nonmi sento di parlare». Come ricorda invece la sua carriera di attore? «Fu un periodo splendido, a cui risale il ricordo dellamia amicizia con GiulianoGemma. In unwestern all’italiana del ‘75, Vivi o preferibil mentemorti di Duccio Tessari, facevamo la parte di due fratelli e ci sentivamo tali anche nella vita. E quando Giuliano ci ha lasciato per un incidente stradale è come se avessi perso una parte di me stesso». Nino, per finire, qual è per lei il senso della vita? «Viverla e coglierne l’essenza nell’importanza delle piccole cose».