Irma Capece Minutolo «Il re Farouk fece dime la sua regina»
ABITIDICLASSE, GIOIELLI IMPORTANTI, CASCATEDI FIORI: IRMACAPECE MINUTOLO, A SOLI 16 ANNI, CEDE ALLA CORTE DEL MATURO EX MONARCA E NEL 1958 LO SPOSA CON RITO MUSULMANO. A DISPETTO DELLA SUA FAMIGLIA, VISSE UN AMORE DA FAVOLA
Acavallo tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, Irma Capece Minutolo riempiva i rotocalchi con il suo “scandaloso” amore per Farouk d’Egitto. Storia d’altri tempi, quando via Veneto infiammava la Dolce Vita e questa ragazzina di ottima famiglia si era ostinata a fare ciò che voleva. Bella era ieri e bella è ancora oggi, alla soglia degli 80 anni, che scivolano leggeri come i suoi ricordi. Prima di tutto, mi dica come devo chiamarla. «Sono nata principessa perché mio padre apparteneva a una delle famiglie più nobili di Napoli. Poi, con il matrimonio del 1958 chemi ha legata a re Farouk, ho preso il titolo di Altezza-Reale. Se però lei vuol chiamarmi Irma, per me sarà un piacere. Sono una persona semplice». Nel 1952, dopo il colpo di Stato nel suo Paese, Farouk arrivò in esilio in Italia. Come vi siete conosciuti? «Avevo 14 anni. Al circolo Canottieri Italia di Napoli, dove c’era tutta l’aristocrazia partenopea, invitarono il re. Scelsero due ragazze per fargli l’inchino ed offrirgli dei fiori. Io ero una di quelle “bambine”, avevo trec-
ce lunghissime. Lui mi accarezzò e finì lì. Ma presto divenni amica delle sue tre figlie, che Farouk aveva avuto dalla prima moglie Farida. Anche il matrimonio con la seconda, Narriman, era già finito». Dopo che accadde? «Andavamo spesso a Capri. Avevo compiuto 16 anni il 6 agosto del 1954, io ero in piscina conmiamadre e il principe che papà aveva scelto come mio sposo. Mi tuffai in acqua e quando risalii sulla scaletta, vidi il re. “Sei una sirena o sei vera?”, mi disse. Il risultato fu che i miei genitori mi rispedirono subito a Napoli. Ci fu poi un altro episodio. Eduardo De Filippo mi volle per una parte in un suo film, Napoletani a Milano, e papà dopomolte resistenze mi lasciò partecipare. La prima fu a Roma, alla Casina delleRose, e lì si presentò Farouk. Mi disse che aveva provato tante volte a telefonarmi, ma si vede che i miei genitori facevano da filtro. Ame batteva il cuore, da quel momento è cominciata la nostra storia». Irma, lei aveva solo 16 anni ed ebbe il coraggio di andarsene di casa per un uomo maturo e per di più musulmano. «Sono sempre stata una ribelle. Dissi che mi trasferivo a Roma per studiare dalle Ancelle del Sacro Cuore, dove una mia zia era badessa. Il re mi portò subito da Schuberth a farmi dei vestiti di alta sartoria, ricordo il primo abito da sera... da mille e una notte! Uscii con Farouk e il giorno dopo mi ritrovai su tutti i giornali. Papà seppe di me dalla stampa e scoppiò la tragedia. Non ne voleva più sapere di me, ma io ero innamorata». Eppure Farouk non sembrava poi così attraente... «Lei crede? Era alto 1,85, aveva occhi verdi magnifici, la carnagione pallida perché sua madre era una francese. E non è vero che fosse grasso: aveva due spalle imponenti! Io in lui vedevo un padre, un fratello, una persona che
«ER0 UNA RIBELLE. SCAPPAI A ROMA DICENDO CHEANDAVOA STUDIARE DALLE SUORE »
mi proteggeva. Mi fece assegnare una governante arrivata dall’Inghilterra: dovevo imparare a fare l’inchino, a scendere le scale con dei vestiti a coda senza inciampare... Con lui ho partecipato a ricevimenti in tutta Europa, ho visto cose meravigliose e uniche, l’inverno a Zermatt, l’estate al Circeo... Poi, un giorno, decise di sposarmi». Racconti. «Era il 1958. Ormai eravano una coppia collaudata ma sembrava disdice- vole che il re si accompagnasse a una ragazza, per di più minorenne. Così, quel giorno, la governante mi svegliò alle 7 delmattino e salimmo sul panfilo del re, La Favorita, ormeggiato a Montecarlo. C’erano Farouk e l’imam con due testimoni. Il rito, durato non più di venti minuti, si è svolto tutto in arabo, con la governante che mi traduceva in francese». Non ha pensato a convertirsi? «Papà fece sapere che mi avrebbe preferito morta piuttosto che musulmana. Io ne parlai con un cardinale che mi sconsigliò. La nostra famiglia ha avuto molti importanti prelati e perfino un Papa, la cappella dei CapeceMinutolo è nelDuomo di Napoli. No, mi sposai con rito musulmano e questo nei Paesi arabi è un matrimonio riconosciuto. Per la Chiesa, invece, sono ancora signorina». Che tipo era Farouk? «Mi voleva un bene da impazzire. La ribelle ero io che, quando perdevo la pazienza, rispondevo male. Lo Stato italiano gli aveva assegnato la scorta, in più lui aveva due guardie del corpo personali. All’inzio abitavamo a villa Dusmet, a Grottaferrata, poi ci trasferimmo a Roma in viaArchimede». Erano i tempi della Dolce Vita: che rapporto intratteneva il re in esilio con i paparazzi? «La prima volta che siamo andati al Café de Paris, in via Veneto, la Dolce Vita non aveva ancora avuto ini-
« LE NOZZE IN ARABO AVVENNERO SUL SUO PANFILO, ORMEGGIATO A MONTECARLO»
zio. Stavamo seduti a un tavolo con un onorevole e un principe egiziano. All’improvviso vediamo uno inVespa che da lontano comincia a scattare col flash. Oddio! Fuggi fuggi generale, a me e a Farouk ci chiudono dentro a chiave. Abbiamo pensato a un attentato e invece quel tipo era Tazio Secchiaroli, il grande paparazzo. Il giorno dopo eravamo su tutti i giornali: “È iniziata la Dolce Vita!”». Ripensandoci: prima delle nozze con l’ex sovrano lei ha accettato di essere la sua concubina. «Ma quale concubina! Io ero una ragazza chemai ha fatto l’amore con lui finché non ci siamo sposati. Farouk mi ha sempre rispettata, non ha mai alzato un dito su di me a parte una volta. Eravamo al castello del principeHohenlohe, vicino a Kitzbühel, e si svolgeva una battuta di caccia al cin- ghiale. Io ero una brava cavallerizza e insistetti per partecipare. La spunto conmiomarito, monto a cavallo e... il cinghiale mi taglia la strada! Attimi di panico finché la situazione non si normalizza e mi arriva lo schiaffone di Farouk. Me lo aveva dato per paura, per lamia imprudenza. Nonmi ha parlato per una settimana». Farouk, oltre che un patito del casinò, aveva anche fama di donnaiolo. «Lo era. Io ho fatto come le tre scimmiette: non vedo, non sento e non parlo. Incontrai a Parigi la primamoglie Farida che mi disse: “Lo devi amare per quello che è. Lui ti vuole bene, tu sei il fiore del suo giardino. Quindi lascia stare, fai finta di non vedere”. Quelle rarissime volte che ho scoperto qualcosa, glielo dicevo, e lui tornava da me con un regalo». A proposito di regali. Chissà quanti ne avrà ricevuti. «Vede questo? È il primo anello che ho avuto in dono, un rubino cabochon con diamanti. Era nascosto in un mazzo di fiori... Ho ricevuto, sì, gioielli importanti che lui acquistava da Cartier. A volte, poi, dovevo indossare quelli di corte».
Ha mai pensato ad avere un figlio con il suo amore? «No, ero troppo ragazza. E poiFarouk mi diceva: “Se è maschio lo tengo io, se è femmina ci pensi tu”». Nel 1965, a soli 45 anni, l’ex sovrano muore nella notte tra il 17 e il 18 marzo. Aveva cenato al ristorante Ile de France con una donna, qualcuno pensò che fosse stato avvelenato. «Era la parrucchiera, faceva parte del suo harem. Ma io che ne potevo sapere? Io ero a Montecarlo, quella sera mio marito mi aveva telefonato. “Faegi”, (mi chiamava così dopo il matrimonio: sta per Farouk Egitto e Irma), “Faegi domani ti raggiungo”. Quella sera accadde una cosa strana: lui era uscito senza scorta. E dopo la morte non venne mai fatta l’autopsia, la versione ufficiale per tutti fu emorragia cerebrale». Allora la vita di Irma ebbe una svolta: diventerà un’apprezzata cantante lirica, famosa nei teatri di tutto il mondo. Fu diretta al cinema da De Filippo, Zeffirelli, la Wertmüller e D’Agostino in Mutande pazze. Ebbe due altri amori con uomini importanti, un ingegnere e un cardiochirurgo, «sempre molto più grandi dime». Nessun figlio ma 4 nipoti e 4 pronipoti e una dedizione ai master nella sua scuola di canto, con cui sostiene i nuovi talenti. Dal marito non ricevette alcuna eredità, «perché gli arabi lasciano tutto ai maschi». Ma a lei non è mai importato. Mi mostra invece foto bellissime scattatele da Farouk, che tiene da parte per un futuro libro sulla sua vita col re. Poi ecco il regalo più dolce, un assegno il cui importo dice: 365 giorni di felicità e poi uno spartito dell’Otello con una sua dedica. Irma, come lo ricorda oggi? «Lo sogno, anche spesso: facciamo un viaggio o mi racconta storie bellissime. Una sola cosa mi dispiace, che in quel periodo ero così bambina da non capire niente. Avrei voluto vivere allora con l’esperienza che ho adesso».