VITTORIO SGARBI
A VIGEVANOIMANIFESTI ELETTORALI DELDOPOGUERRA
Ripercorrereoggi la dialettica politica dei manifesti elettorali che accompagnarono la nascita della Repubblica Italiana offre spunti di riflessione specialmente se confrontata all’informazione dei giorni nostri, dove la Rete sembra aver preso il sopravvento. Fra le righe degli slogan, attraverso simboli e disegni propagandistici i manifesti dell’epoca si basarono su precise strategie: sociali, visive e di contenuti.
Fino al 1° luglio nelle Scuderie del Castello Sforzesco di Vigevano la mostra raccoglie 130 manifesti elettorali provenienti dalla Collezione Maurizio Cavalloni di Piacenza,
Italiani al voto coprendo un arco temporale dal 1945 al 1953: dal referendum tra Monarchia e Repubblica del ‘46, alle elezioni politiche del ‘48 , certamente lo scontro politicoideologico più acceso del secolo scorso, alle amministrative del ‘51, alla seconda tornata elettorale del ‘53. Rispetto ai manifesti politici dell’800 , indirizzati verso una fascia già acculturata, nel ‘900 l’esigenza di raggiungere la popolazione tutta, in parte ancora analfabeta, era predominante. La Dc puntò su accorgimenti graficovisivi di immediata comprensione e brevi slogan, il Fronte Democratico Popolare (Pci e Psi), rivolgendosi a precise classi sociali, lasciò spazio a contenuti scritti e testi riassuntivi. Attaccati ai muri con acqua e farina da volontari, stampati da tipografie militanti, i manifesti si dividevano le pareti senza regole (è del ‘ 56 la legge 212 che ne disciplina gli spazi), in una Italia segnata ancora
dalla guerra. Susanna Paparatti