Oggi

LUCA GOLDONI

- di Luca Goldoni

Mi hanno sospeso l’abbonament­o perché «a tutt’oggi la sua posizione non risulta in regola». Segue la consueta barbarie delle scuse («se nel contempo lei avesse già ottemperat­o al suo impegno...»). Ma c’è anche la

brutale richiesta: se hai pagato, dimostrame­lo, ovvero mandami copia

del bollettino postale. Avevo già ricevuto analogo sollecito, ma con un sospiro di sollievo l’avevo buttato nel cestino pensando che nel frattempo sarebbe giunto a destinazio­ne l’importo regolarmen­te versato alle poste (mezzamatti­na fra parcheggio e coda). Invece non è arrivato nulla. Per l’incolpevol­e cittadino becco e bastonato cominciano le rogne, prima di tutto la ricerca della ricevuta. Il principio costituzio­nale di non colpevolez­za (l’imputato è innocente fino a prova contraria) viene disinvolta­mente capovolto: il cittadino è unmalfatto­re fino a prova di innocenza. Il “cassetto delle ricevute” non mi basta più, ho dovuto comprare una cassapanca, la mia vita è sepolta sotto una slavina di scontrini, fatture, quietanze. Rovistando, saltano fuori ricevute dalmesozoi­co in qua: riparazion­e lavastovig­lie, iscrizioni al nuoto di mio figlio piccolo, fatture di idraulici (una volta le lasciavano), annate di bollette luce-gas-telefonote­levisione. Alcuni uffici sfidano le tue capacità di autocontro­llo perché esigono sì la ricevuta, ma “in originale”. Ogni volta sono assalito dal furore: mi ribello alla pena dantesca di dover vivere con tutte queste carte appiccicat­e. Ma so anche che se distrugges­si quell’ammasso cartaceo sarebbe una sfida al destino. Un giorno un uomo cupo suonerebbe allamia porta: «Lei ha “Dott.” sulla targhetta. Vuol mostrarmi la cedola di versamento all’ufficio del registro? Non ce l’ha più? Allora deve ridare la laurea».

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