Don Mazzi Replica a Fabrizio Corona dopo Non è l’Arena di Giuseppe Fumagalli
FABRIZIO LO INVITA AD« APPENDEREI L CROCEFISSO AL CHIODO », MAIL PRETE A CAPO DELLA COMUNITÀ EX ODUSG LI RINFRESCALA MEMORIA :« LO CONVINSI AD AMMETTERE LA PROPRIA TOSSICODIPENDENZA E INIZIARE UN PERCORSO CHE GLI SPALANCÒ LE PORTE DEL CARCERE»
Nell’arena si può entrare da gladiatore o da martire. Fabrizio Corona, irrompendo all’ultima puntata della trasmissione di Massimo Giletti sabato sera sulla 7, ha provato a essere l’uno e l’altro. Ha menato fendenti micidiali contro chi anche solo sommessamente osava criticarlo. E s’è atteggiato a vittima del sistema giudiziario, colpevole d’avergli sempre inflitto pene esagerate e di averlo addirittura afflitto con un’ingiusta permanenza in carcere, per reati che in aula si sono squagliati come neve al sole. Tra gli invitati a Non è l’arena (schizzata al 9% di audience), Giampiero Mughini è stato l’unico a scagliarsi contro l’agente fotografico; ha dovuto incassare la sua reazione furibonda, ma non ha fatto un passo indietro. E il giorno dopo torna alla carica. «Corona s’atteggia a San Sebastiano martire», dice l’opinionista, «ma le sentenze raccontano di lui qualcosa di diverso. Descrivono un uomo che s’è ostinato a delinquere ed è per me inaccettabile che uno come lui, semianalfabeta, pluricondannato, volgare, abituato a guadagnarsi da vivere mostrando gli addominali a branchi di arrapate, invece di essere preso a pernacchie venga presentato alle nuove generazioni come un eroe. Prima di fare certe cose dovremmo chiederci: è questa l’Italia che vogliamo consegnare ai nostri figli?». In studio era presente anche Alessandro Cecchi Paone, che ha evitato con cura la rissa, e ha cercato di toccare gli aspetti più delicati della personalità di Corona: «Tanti giovani sprovvisti di strumenti critici vedono in lui un ribelle alla James Dean o Robin Hood», osserva il presentatore, «ma la verità è un’altra ed è emersa quando Corona rispondendo alle mie domande ha ammesso di essere tossicodipendente e bipolare. Due disturbi che lo rendono meno credibile come eroe e più interessante come persona bisognosa d’aiuto».
NON L’HA PRESABENE
Che il ragazzo fosse bisognoso di aiuto, all’epoca lo aveva capito anche Don Antonio Mazzi. Nel giugno 2015 il sacerdote gli aveva aperto le porte della comunità Exodus, ma, invece della sua gratitudine, a distanza di tre anni s’è ritrovato a fargli da bersaglio. Fabrizio è andato giù pesante.
Lo ha indicato come lo spregiudicato gestore di una comunità, che cerca di accaparrarsi i protagonisti dei più clamorosi casi di cronaca per farsi pubblicità. «Farebbe bene ad attaccare il crocefisso al chiodo», è stata la cruda conclusione del ragionamento. Don Mazzi, che nei giorni scorsi aveva inviato al Corriere della Sera una lettera aperta in cui si rivolgeva a Fabrizio con parole di comprensione e affetto, non l’ha presa benissimo.
«Non so come possa dire certe cose», dice l’anziano sacerdote. «Quando in carcere ad Opera gli avevano rotto i denti in una rissa mi ha cercato, sono andato da lui, l’ho fatto parlare e ho cercato di aiutarlo. Se Fabrizio è potuto uscire dal carcere lo deve a me. Dopo i nostri incontri s’è deciso ad ammettere la sua tossicodipendenza e ha potuto iniziare il percorso che gli ha aperto le porte del carcere». Che, una volta inserito inExodus, Corona possa essersi sentito trascurato, secondo Don Mazzi è un’altra forzatura. «Sono a capo di una comunità con 40 centri e la mia attività non può ruotare attorno a un unico ospite», spiega il religioso. «Nel quartier generale di Milano avevamo già Lele Mora e non potevo metterci anche Fabrizio perché ci saremmo trovati sotto l’assedio perenne di paparazzi e tv. Non potevo essere io a seguire Fabrizio e l’ho mandato Gallarate dove è stato affidato al direttore del centro Roberto Sartori. Per sapere come sono andate le cose chiamate lui oppure il cappellano del carcere di Opera Don Antonio Loi».
UNAMACCHINADA SOLDI
Roberto Sartori conferma: «Dopo la trasmissione ho mandato un messaggio a Fabrizio», dice, «lo ringraziavo per quanto ha detto su di me e mi mostravo amareggiato per le parole rivolte a Don Mazzi. Come può dire certe cose dell’uomo che per primo gli ha teso unamano? Forse Fabrizio ha bisogno di tempo, ha bisogno di liberarsi dalla depressione e dagli stati d’ansia che lo hanno spinto nella droga. Spero che ce la faccia e torni a essere quel che avevamo visto nei pochi mesi in comunità. Unamacchina da guerra, che quando ha ripreso a lavorare ci ha lasciati a bocca aperta. Eravamo noi che gli stampavamo le fatture e in soli due mesi ne aveva fatte per 250mila euro». Don Antonio Loi, cappellano del carcere Opera, non guarda la tv, non ha visto la trasmissione di Giletti, ma non lascia passare certe affermazioni: «Tutte le volte in cui Corona mi chiese di vedere Don Mazzi», afferma, «Don Mazzi si presentò ad incontrarlo».