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IvanZaytse­v

Lo“zar” della pallavolo insultato per aver fatto vaccinare la figlia

- di Chiara Dalla Tomasina

Ifedelissi­mi della pallavolo lo chiamano «lo Zar». Un po’ perché è più facile a pronunciar­si del suo vero nome: Ivan Zaytsev. Un po’ perché, quanto a talento, ha veramente origini nobili: i suoi genitori, pallavolis­ta e nuotatrice, hanno colleziona­to tante medaglie da far invidia a qualsiasi coppia sportiva. E un po’ perché, come tutti i super eroi dello sport, si è guadagnato il soprannome in azione. Sul campo da pallavolo (gioca per il Modena e laNazional­e) è davvero uno Zar, un re spietato: i suoi servizi da 134 chilometri all’ora non danno tregua agli avversari. Ma lo Zar ha fatto parlare di sé, negli ultimi tempi, anche perché si è ritrovato coinvolto in una battaglia molto più dura e scorretta di qualsiasi match sportivo. Ha postato sui social una foto di sua figlia Sienna, la sua seconda, che aveva appena fatto il vaccino. E si è scatenato il finimondo. Qualcuno lo ha definito «zingaro» e gli si è accanito contro. Altri sono ad- dirittura arrivati ad augurare lamorte alla sua piccolina. Come ha reagito a questi attacchi codardi? «Postare una foto di mia figlia appena vaccinata è stato un modo per far vedere che seguo la legge, il mio era un discorso di educazione e rispetto verso il prossimo. Non mi aspettavo quelle reazioni. Ma sono grande, grosso e - appunto - vaccinato, quindi le cose mi scivolano addosso. Certo, quando toccano la mia famiglia mi scatta il senso di protezione, quindi diciamo che è stato un episodio particolar­mente fastidioso. Ma utilizzand­o i social, scateno reazioni nella gente. Purtroppo sono sfociate in insulti gravi a mia figlia. Il mondo social è un grande bacino dove si trova di tutto, anche del marcio». Ha denunciato qualcuno? «No, io e mia moglie non abbiamo sporto denuncia perché queste persone lasciano il tempo che trovano: le loro non sono mai state critiche argomentat­e, che avrei anche ascoltato, ma solo commenti pieni di odio e livore. Mi hanno scritto frasi come “zingaro torna al tuo Paese” ( la sua famiglia è russa, ma Zaytsev è nato a Spoleto ed è cittadino italiano dal 2008, ndr), oppure “spero che Salvini

ti rispedisca al tuo Paese”. Io ci rido sopra, perché le persone non si rendono conto di quanto amore c’è dentro di me per l’Italia. Sono cose che non sto neanche a sentire». Lei è figlio di Vjaceslav Zaytsev, gigante della pallavolo russa e medaglia d’oro alle Olimpiadi di Mosca 1980 (e argento a Montréal 1976 e Seul 1988). Vorrebbe che i suoi bambini seguissero le sue orme nello sport, come lei fece con suo padre? «Non voglio mettere loro nessun paletto né voglio influenzar­li, anche perché lo sto già facendo senza volerlo. Lo vedo con il mio primo figlio Sasha, che a soli tre anni e mezzo mi imita con i gesti e mima il gioco della pallavolo. L’unica cosa certa è che non voglio assolutame­nte ripetere l’errore di mio padre, ovvero essere troppo opprimente e costringer­li a fare le mie stesse scelte». È stata così dura? «Soprattutt­o durante l’età adolescenz­iale ho avuto un rapporto conflittua­le con mio padre, perché sentivo il peso di dover dimostrare di essere sempre alla sua altezza. Essere il figlio del campione assoluto mi ha portato a diventare ribelle, perdere la testa e reagire spesso in modo scapestrat­o, prima di rendermi conto di cosa fosse importante per me nella vita». E come si è “ritrovato”? « Grazie a mia moglie Ashling e alla mia famiglia, tutto si è evoluto. Ma, finché non l’avevo, sentivo la fatica di dover dimostrare sempre qualcosa in più degli altri. E non mi è passata: è una sensazione che avverto tuttora, ma oggi sono più maturo e riesco a gestire meglio le mie emozioni. Voglio solo che i miei figli seguano la loro strada e il loro istinto e che, soprattutt­o, cerchino di divertirsi».

È stato fortunato a trovare Ashling... «È la mia consulente, la mia amica, la mia confidente, è tutto. Non c’è persona al mondo che mi conosca meglio, sa come la penso su tutto, mi aiuta nella carriera, mi ha fatto fare il salto di qualità. In più, è anche una bravissima mamma. Sì, proprio fortunato».

Ora che è genitore anche lei, c’è qualcosa che vorrebbe dire a suo padre? «Penso che non ci sia bisogno di dirgli nulla: lui mi conosce, mi ha visto cambiare e maturare. Mi basta solo il suo sguardo, che veda quello che sono diventato, perché si renda conto che le cose che voleva che io facessi non erano giuste per me».

Che cosa voleva per lei? «Voleva che io ripercorre­ssi la sua stessa carriera, facessi gli stessi pas- si, ma non si rendeva conto che la sua era un’altra epoca, un’altra nazione - parliamo dell’Unione Sovietica degli Anni 70 e 80 - un’altra mentalità che si sposava poco con la mia. Devo dire che diventare padre, col tempo, mi ha però aiutato a capire gli sforzi e i sacrifici che hanno fatto i miei genitori per farmi crescere».

E lei che padre è con Sasha e Sienna? «Non riesco a essere molto presente, sono sempre in giro per il mio lavoro. Quando sono a casa, però, cerco di educarli e di trasmetter­e loro valori che sono importanti per me, come il rispetto, l’educazione, le buone maniere. Sono ancora piccoli, quindi è proprio questo il momento in cui dobbiamo dar loro basi solide per imparare a convivere con gli altri. Io credo di essere un buon padre per loro, perché cerco sempre di migliorarm­i».

Prossimo obiettivo: i Mondiali, che si giocherann­o tra Italia e Bulgaria dal 9 al 30 settembre. Che sensazioni ha a riguardo? «È un torneo diverso rispetto a quello Olimpico, molto più difficile, più complicato. Non ci si può permettere di fare passi falsi, non possiamo concerderc­i distrazion­i. Dobbiamo farci trovare pronti. Noi ce la metteremo tutta e sono certo che daremo del filo da torcere».

«IO CREDO DI ESSERE UN BUON PADRE PERCHÉ CERCO SEMPRE DI MIGLIORARM­I»

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 ??  ?? PALLE MICIDIALI Lo «Zar» in campo con la Nazionale. I suoi servizi raggiungon­o i 134 km all’ora.
PALLE MICIDIALI Lo «Zar» in campo con la Nazionale. I suoi servizi raggiungon­o i 134 km all’ora.
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