Il caso dello sciatore morto nel 1954
NEL 2005 IL GHIACCIAIO SI ERA RITIRATO RESTITUENDO IL CORPO DI UNO SCIATORE. DOPO 13 ANNIDI INDAGINI A VUOTO GLI INQUIRENTI HANNO TROVATOLA PISTA GIUSTA SUI SOCIA L
Risolto con Facebook e il Dna
Tante volte non si vede, sembra invisibile, ma c’è sempre un filo che lega tra loro le cose e gli uomini. Ma davanti ai resti di un individuo di sessomaschile restituito nel 2005 dal ghiacciaio del Cervino sembrava che quel filo si fosse spezzato per sempre. E sì che non era un personaggio disperso da chissà quanto tempo. Accanto a lui c’erano sci, racchette e un paio di occhiali da miope, ai piedi portava scarponi di marca, allaccia-
to al polso aveva un orologio Omega, indossava una camicia in tessuto leggero con delle iniziali ricamate in filo rosso, un foulard di seta rossomarrone, in un taschino aveva una moneta da 5 lire e un carnet da 60 corse della funivia Breil - Plan Maison.
UNA MAREA DI INDIZI
I periti che avevano esaminato il cadavere gli avevano dato un’età tra i 30 e i 50 anni, un’altezza di 1,75 e da quel che aveva addosso si erano fatti anche un’idea della sua condizione sociale: di sicuro non era un disperato, ma una persona benestante. Sulla carta c’erano una valanga di elementi per dare un nome a quell’uomo uscito dal ghiacciaio in ritirata. Eppure per 13 anni tutte le ricerche per identificarlo sono andate a vuoto. Finché la Polizia di Stato e la Procura di Aosta non hanno deciso di uscire dai canali di indagine tradizionale e di portare tutta la storia sui social network per raggiungere anche un pubblico più ampio, soprattutto in Francia e Svizzera. Il 29 giugno i dettagli del cold case apparivano per la prima volta su Agente Lisa, pagina facebook della Polizia di Stato, con un appello a «dare un volto e un nome allo sciatore ritrovato nel 2005 a 3.100metri d’altezza sul Cervino, in località Cime bianche della Valtournanche».
IL PRIMO SEGNALE
Quel filo che sembrava irrimediabilmente spezzato si è riannodato improvvisamente a qualche giorno di distanza, quando Emma Nassem, donna di nazionalità francese, mentre era in auto per le strade di Parigi ha ascoltato via radio l’appello della Polizia italiana. A distanza di poche ore la pagina Agente Lisa ha ricevuto un commento di particolare interesse. Emma si era collegata a Facebook e aveva risposto fornendo da subito indicazioni molto incoraggianti: «Chi posso contattare?», chiedeva, «sono sicura di sapere chi è la persona trovata sul ghiacciaio. Si tratta di un mio zio, nato nel 1919 e morto sugli sci nel 1954 durante una tempesta sul Cervino». La donna è stata immediatamente agganciata attraverso Messenger, il servizio di messaggistica di Facebook. E una risposta dopo l’altra
il corpo uscito dai ghiacci ha cominciato a riprendere le sue sembianze. «Si chiamava Henry le Masne», ha esordito la nipote rispondendo agli agenti italiani. «Lavorava a Parigi, al ministero delle Finanze, abitava in un bel quartiere, aveva studiato, svolgeva un lavoro interessante, ma amava la solitudine. Io non ero ancora nata, mia madre raccontava che non si era sposato e non aveva figli. Amava moltissimo sciare, faceva spesso escursioni in montagna, da solo, con gli sci ai piedi. Mio padre, suo fratellastro, gliel’aveva detto di non andare in montagna da solo, ma lui aveva risposto che voleva la sua libertà, la sua indipendenza e che se ne assumeva tutta la responsabilità». Incoraggiata dagli agenti, Emma ha dato un contributo determinante alle indagini. Prima ha recuperato una fotografia dello zio in cui indossava un paio di occhiali identici a quelli trovati accanto al suo cadavere. Poi ha riferito tutto al padre Roger, oggi ultranovantenne. L’uomo in passato s’era dannato per ritrovare il fratello, era stato in Valle d’Aosta per intere settimane e aveva condotto ricerche ovunque. Ma tutti i suoi sforzi si fermavano allamattina del 26 marzo 1954 quando Henry la Masne aveva lasciato l’albergo Gran baita di Cervinia per andare a sciare e da allora non aveva più fatto ritorno. «All’inizio, mio padre non pensava che potesse trattarsi davvero di suo fratello», ha raccontato Emma, «gli sembrava impossibile che il giallo della scomparsa di Henry potesse risolversi adesso, a 64 anni di distanza. Poi, poco a poco, giorno dopo giorno, anche lui ha cominciato a crederci».
L’ULTIMO TASSELLO
Per eliminare ogni dubbio a quel punto mancava solo la prova regina, il test del Dna. Gli agenti della Polizia hanno prelevato il materiale genetico di Roger, lo hanno confrontato con quello estratto dalle ossa dello sciatore e il 24 luglio i laboratori della Polizia scientifica hanno annunciato l’esito positivo del test. Il filo spezzato si era annodato definitivamente.
ALL’EPOCA IL FRATELLO ROGER AVEVA FATTO RICERCHE IN TUTTA LA VALLE D’AOSTA