GIORGIO DELL’ARTI
Sono frastornato da sigle che capisco poco: Tav,
Tap, Ilva... Sono sigle che si riferiscono a cantieri e lavori in corso. Stanno facendo litigare i ministri e anche i ministri con il resto del mondo.
Andiamo con ordine. Cominciamo dalla sigla «Tav».
Significa «Treno ad alta velocità». È un cantiere aperto in Val di Susa, contestato perché considerato inquinante e inutile. Il M5S non lo hamai voluto e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha detto la settimana scorsa che non si farà. Subito s’èmesso di traverso il capo della Lega, Matteo Salvini, secondo il quale invece bisogna andare avanti. Sono convinti che si debba andare avanti anche i sindacati, gli industriali e le forze politiche d’opposizione. Ci sono in ballo posti di lavoro, penali e brutte figure internazionali. La Tav è una linea ferroviaria che costruiamo d’accordo con i francesi e nel quadro di un’iniziativa europea.
Di che si tratta?
L’Europa vuole una ferrovia da Lisbona a Vladivostok, che serva i mercati d’Oriente, sempre più ricchi e desiderosi di merci. Un pezzo di questa struttura - detto Corridoio 5 - dovrebbe passare per l’Alta Italia connettendo Lione a Torino. Il versante meridionale del Corridoio 5 interessa, tra le altre, anche Venezia e Trieste. Se l’Italia rinunciasse al Corridoio 5, la linea ripieghererebbe sul Corridoio 8, a Nord delle Alpi. Saremmo tagliati fuori dal grande traffico internazionale, sembrerebbe.
Penali in caso di rinuncia?
È una questione controversa. I grillini dicono che non ci sarebbero penali. Dall’altro lato si parla di oneri complessivi di almeno 2 miliardi, forse quattro, e comunque di spreco dell’investimento affrontato finora (mezzo miliardo). I posti di lavoro persi sarebbero 4 mila. Il premier, viste le reazioni furibonde di troppa gente, ha ricordato che il dossier non è ancora sul suo tavolo. Il punto di mediazione raggiunto sarebbe questo: andremo a parlarne con i francesi. È un modo per prendere tempo, il problema del M5S è che non può contraddire tutto quello che ha sostenuto quando era all’opposizione. Il no alla Tav
PUNTI CALDI
In alto, l’Ilva di Taranto; sopra, manifestanti “No Tav” in Val di Susa; a sinistra, gli ulivi pronti a essere spostati per il gasdotto Tap. servirebbe a far ingoiare al suo elettorato il sì alla Tap, il gasdotto che porterà gas naturale per 870 chilometri dall’Azerbaigian fino all’Italia. Quelli che non lo vogliono difendono gli ulivi pugliesi. I grillini si sono rassegnati a farlo realizzare.
E l’Ilva? È la grande acciaieria di Taranto. Inquinava ed è statamessa sotto sequestro dai giudici. Dopomille peripezie, se la sarebbe comprata un consorzio guidato dagli indiani di ArcelorMittal. Di Maio ha bloccato tutto perché verrebbero lasciati a casa4mila dipendenti su 14 mila, e far ripartire da zero gli altri, come se si trattasse di nuove assunzioni. Nell’ultima riunione gli indiani hanno offerto migliorie ambientali. Di Maio ha risposto: ci vogliono anche meno esuberi.