di Umberto Brindani
COM’È CAMBIATO, NON SEMPRE IN MEGLIO, IL MODO DI GUARDARE LA TELEVISIONE
L’altro giorno stavo cercando di raccapezzarmi sul grande mistero di come vedere le partite di calcio in tv. Un po’ su Sky, forse su Premium, poi c’è questa Dazn, che sembra si pronunci “dazon” o qualcosa del genere, che se ne è accaparrate un altro bel po’, ma bisogna pagare un nuovo abbonamento mensile, che è leggermente scontato se hai già Sky, ma se hai SkyQ forse ti costa meno, o forse no, e comunque è roba digitale, in streaming?, boh, mi sa che certe partite si vedranno sul telefonino, con gli omini piccoli così e il pallone invisibile. Stavo cercando, invano, risposte a tutti questi dubbi, e altri, e improvvisamente mi sono chiesto: ma che cosa diavolo sta diventando la televisione? Perché a pensarci, calcio a parte, la stessa cosa succede per esempio quando voglio guardare un film, o una serie tv, che possono essere indifferentemente sulle vecchie reti generaliste o su una delle nuove piattaforme (pare si chiamino così) via internet tipo Netflix o Amazon Prime o Timvision, per ricevere le quali occorre avere una smart tv, praticamente un computer, oppure no, puoi collegarti con il tablet e una speciale chiavetta che…
Insomma, un grande caos, una frustrazione crescente che mi dà la misura di quanto cominci a pesare il fatto che la mia generazione non sia nativa digitale. Ehi, intendiamoci bene: mica voglio tornare ai tempi pionieristici della tv col tubo catodico, le valvole e la manopolona per passare («Tac») dal primo al secondo canale e viceversa. Perònonc’è dubbio che la velocitàdell’innovazione tecnologica sia impressionante. Ementre inmolti settori essa tende a semplificare la vita (in auto, meglio il cambio automatico di quellomanuale, no?), in quello della fruizione televisiva sembrano esserci a volte più complicazioni che vantaggi.
Di fatto, esistono ormai tre tribù ben distinte. Prendiamo una famiglia classica: nonni, genitori e figli. Il nonno, o la nonna (ma anche tantissimi genitori), ha della tv una concezione assai lineare: si mette in poltrona, accende su Rai 1 o Canale 5, al massimo scanala un po’ su e un po’ giù, in sostanza si becca passivamente quello che passa il convento, spot compresi. È il popolo dell’Auditel, i forzati delle fiction, i fan di Don Matteo. Scelgono cosa vedere in un catalogo apparentemente sovrabbondante ma in realtà molto limitato. Il loro totem è lo schermo del televisore. E grosso modo sono contenti così, beati loro.
La tribù dei “figli”, invece, funziona in modo diametralmente opposto. Prima di tutto tende a fregarsene del megaschermo (tranne quando ci sono, appunto, le partite) e utilizza tablet o smartphone come e quando vuole. Ha accesso a varie piattaforme e milioni di emissioni. Sceglie quando vedere una certa cosa, dove vederla (in camera, in tram, purtroppo anche a tavola) e come vederla, interrompendola a piacimento, saltando le pubblicità, sospendendola per riprenderla più tardi, archiviandola, condividendola eccetera eccetera. Se quelli che per semplicità abbiamo chiamato “i nonni” sono fruitori passivi, i “figli” sono utenti attivi. Decidono loro, non i mammasantissima dei grandi network, che si accapigliano magari per una presidenza Rai senza accorgersi che nel frattempo il mondo è andato avanti e li ha superati.
Infine ci sono i “genitori”, cioè la generazione dimezzo, che si colloca per l’appunto a metà strada e in piena confusionementale (è infatti soprattutto dedicata a loro la miniguida alle nuove tv che trovate a pag. 26). Non si accontentano di ciò che viene propinato dalle reti generaliste ma sono incapaci di accedere a tutte le meraviglie della cosiddetta tv intelligente. Conosconoamemoria i vari Montalbano e ora vorrebbero godersi quella certa serie di cui tutti parlano, ma ahimè, non hanno Netflix, o Amazon, o se ce l’hanno non hanno voglia di guardarla a 30 centimetri dallo schermo dell’iPad, e per di più si sono dimenticati di mettere in carica l’aggeggio. Non capiscono se hanno bisogno della parabola, del cavo o del wi-fi. Sono schiavi dell’antennista. E mai completamente soddisfatti. Ah, che invidia per i nonni e i figli!