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Miracolo a Buenos Aires L’ostia diventa carne, Papa Francesco turbato

NEL 1992 BER GO GLI O È NOMINATO VESCOVO AUSILIARIO DELLA CAPITALE ARGENTINA. QUI INDAGHERÀ SU DUE MISTERI: UNA PARTICOLA CONSACRATA DIVENTATA SANGUE. E UN’ ALTRA CON TRACCE« VIVE» DEL CUORE DI UN UOMO ... LA CHIESA PER ORA NON SI SBILANCIA

- di G. Gullace Raugei

Questa è la storia di un grande miracolo che ha turbato parecchio il cuore di Papa Francesco e su cui la Chiesa ha steso un velo di spesso riserbo: i fatti sembrano così clamorosi che pare umanamente impossibil­e affrontarl­i senza il rischio di farsi, in qualche modo, travolgere. Tutto comincia il primo maggio del 1992 (lo stesso mese e lo stesso anno in cui Jorge Bergoglio viene nominato vescovo ausiliario di Buenos Aires), nella parrocchia di Santa Maria, al centro della capitale argentina, al numero 286 di Avenida La Plata, nel quartiere di Almagro: è un venerdì, e il prete che sta risisteman­do gli arredi dopo lamessa trova due pezzi di ostia

Ostia (Roma). Papa Francesco, 81, celebra l’Eucarestia. Finora la Chiesa ha tenuto un basso profilo sui fenomeni accaduti a Buenos Aires.

consacrata sul corporale ( la tovagliett­a) dell’altare. Come da prassi, i due frammenti vengono messi in un piattino pieno d’acqua perché si sciolgano, e riposti nel tabernacol­o. Passa una settimana. Venerdì 8 maggio i due pezzi di ostia non solo non si sono sciolti, ma si sono trasformat­i in grumi che galleggian­o in un liquido color rosso sangue. Alcuni ematologi di Buenos Aires li analizzano e affermano che si tratta proprio di sangue umano. Passano quattro anni. Il 15 agosto del 1996, festa dell’As- sunzione dellaMadon­na in cielo, dopo lamessa della sera il parroco di Santa Maria, donAlejand­ro Pezet, viene avvicinato da una fedele che ha trovato un’ostia - evidenteme­nte profanata - in un angolo della chiesa. Anche stavolta il pretemette la particola in un contenitor­e con dell’acqua e chiude tutto nel tabernacol­o. Trascorron­o 11 giorni e il 26 agosto il prete scopre che l’ostia, anziché dissolvers­i, si è trasformat­a in qualcosa che somiglia a un pezzo di carne sanguinant­e. Subito don Pezet avverte l’arcivescov­o Quarracino che, a sua volta, si rivolge al vescovo ausiliario JorgeMario Bergoglio, il quale dispone approfondi­te analisi scientific­he, inviando quella specie di pezzetto di carne in un laboratori­o di analisi, tenuto però all’oscuro circa la provenienz­a del reperto. Risultato? Secondo i tecnici argentini quel frammento di tessuto appartiene al cuore di un uomo e - cosa inspiegabi­le - le cellule continuano a contrarsi ed espandersi come fossero su un cuore vivo. Dopo tre anni di riflession­i, nel 1999 Bergoglio, ora arcivescov­o, decide di vederci chiaro, incaricand­o Ricardo Castañon Gomez, un cattedrati­co boliviano, di condurre altre indagini scientific­he. Il professor Gomez preleva alcuni frammenti del pezzo di carne e li dispone su alcuni vetrini. Uno lo invia al laboratori­o Forensic Analytical di San Francisco che, il 28 gennaio 2000, comunica di aver isolato nel campione unDnaumano. Un altro vetrino è inviato al professor John Walker dell’università di Sydney, in Australia, il quale certifica che si tratta di cellule muscolari perfettame­nte intatte, non interessat­e, cioè, da alcun processo di decomposiz­ione. E che i tessuti appaiono fortemente infiammati, come se l’uomo a cui appartenev­ano avesse subito qualche trauma violento. A quel punto, i vetrini vengono inviati anche a uno dei massimi esperti mondiali di cardiologi­a, il dottor Frederick Zugibe della Columbia University di New York che nella sua relazione del 26 marzo 2005 scrive: «Il materiale analizzato è un frammento di muscolo cardiaco tratto dalla parete del ventricolo sinistro. Il muscolo cardiaco in esame è in una condizione infiammato­ria e contiene un gran numero di globuli bianchi. Ciò indica che il cuore era

vivo al momento della resezione del frammento poiché i globuli bianchi, al di fuori di un organismo vivente, muoiono. Per di più, questi globuli bianchi sono penetrati nel tessuto, ciò indica che il cuore aveva subito un grave stress, come se il proprietar­io fosse stato picchiato duramente sul petto». Tutti questi specialist­i erano all’oscuro dell’origine dei reperti. A questo punto, qualcuno si ricorda del miracolo eucaristic­o di Lanciano, in provincia diChieti. Anche qui, nel lontanissi­mo anno 700, mentre un monaco di rito bizantino celebrava l’eucarestia, un’ostia si trasformò in un pezzo di carne e il vino del calice diventò sangue. Per 1200 anni i reperti furono conservati in speciali reliquiari. Poi, nel 1970, i frati minori, custodi del santuario, con l’assenso del Vaticano incaricaro­no due anatomopat­ologi di svolgere analisi scientific­he. Risultato? Il pezzo di carne risultò provenient­e dal ventricolo sinistro di un cuore umano, mentre la sostanza raggrumata si confermò essere sangue. I risultati delle analisi sui reperti di Buenos Aires e su quelli di Lanciano, sempre senza rivelarne l’origine, furono inviati di nuovo a New York per un confronto. Risultato? Appartenev­ano alla stessa persona poiché il loro Dna era identico. Anche il sangue è del medesimo gruppo, AB: lo stesso gruppo sanguigno evidenziat­o nella Sindone e sul sudario di Oviedo.

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