Il prezzo del caffè Ecco perché costa tanto di E. Belloni
I CONSUMATORI HANNO FATTO UN ESPOSTO ALL’ ANTITRUST PERCHÉ IL COLOSSO AMERICANO LO VENDE A 1,80 EURO.ECCO IL GIRO D’ AFFARIE I SEGRETI DELLA BEVANDA PIÙ AMATA DAGLIITALIANI
Tutti incodaper un caffè. Succede da giorni a Milano, in pieno centro, dove persone di ogni età si mettono pazientemente in fila per entrare nel locale appena aperto dal colosso americano Starbucks, 28.720 punti vendita in 78 Paesi. Caffè ambito, ma non regalato: qui un semplice espresso costa 1,80 euro - l’ 80 per cento in più del costo medio di una tazzina meneghina - e un cappuccino 4,50 euro. Così, lo spregiudicato listino ha fatto infuriare le associazioni dei consumatori, che hanno presentato un esposto all’Antitrust.
IL CODACONS SI OPPONE AL CARO PREZZI
«I prezzi non sono coerenti con la media nazionale», commenta Marco Maria Donzelli, presidente del Codacons. «Si sfrutta il logo per adulterare il mercato e si danneggiano i clienti, obbligati a pagare un prezzo altissimo in cambio di un prodotto che nella stessa città ha costi nettamente inferiori. Viene da chiedersi come sia possibile che la gente si metta in fila per un caffè così caro; vorrei che le nostre proteste portassero a un dibattito e a una maggior consapevolezza nei consumi». I dati confermano. Secondo l’Osservatorio prezzi della Federazione Italiana Pubblici Esercenti sui 149.154 bar (che servono in media ciascuno 175 tazzine al giorno) un caffè costa mediamente 0,97 (1,30 il cappuccino). Le città dove l’espresso costa di più sono Bolzano (1,11 euro), Gorizia (1,09), Padova (1,08), Bologna (1,08), Trieste (1,08). I luoghi dove è meno caro: Napoli (0,88), Bari, (0,81 euro), Catanzaro (0,78), Messina (0,74). Parliamo, naturalmente, di prezzi medi,
che aumentano se si mette piede nei bar più eleganti (ad esempio, il caffè a Napoli schizza a 1,20 se lo prendi al Gambrinus, in piazza Plebiscito, così come sale a 1,30 l’espresso da Illy in via Montenapoleone, a Milano). Il caffè è il prodotto di punta del bar italiano, con un giro d’affari di circa 6,6 miliardi di euro all’anno, pari a quasi il 32,5 del fatturato totale. Ma cosa incide sul prezzo di una tazzina? «Non bisogna calcolare solo i 7 grammi di miscela per ogni espresso ( dalla materia prima al prodotto finale il costo aumenta nove volte; cinque se si acquista il caffè torrefatto, ndr)», afferma Gian carlo Deidda, vicepresidente della Federazione italiana pubblici esercenti. «Un bar oltre a caffè eroga servizi sui quali gravano altri costi: il personale, l’affitto, le bollette e altre voci, per un totale di 145 euro al giorno. Se pensiamo che mediamente si fanno 175 tazzine al giorno per un ricavo medio di 160 euro, si capisce che il caffè, con i suoi 15 euro al giorno di ricavo, serve solo a fidelizzare il cliente e spingerlo a consumare altro. Il prezzo di Starbucks è giustifica- to anche dallo spazio di 2 mila 300 metri quadri in un palazzo storico di Milano e dai 300 dipendenti. È un investimento che in pochi sarebbero stati in grado di fare. Dovremmo imitarne la strategia: per attirare clienti, come i giovani, occorre offrire più prodotti, un luogo in cui sedersi, il wi fi gratis».
A PARIGI E LONDRA SI PAGA 2,5 EURO
Concorda Alessandro Aneri, che produce il Ècaffè, miscela molto pregiata, tostata con legno d’acacia, in vendita nei bar a circa 1,20 euro e ora anche in capsule. «Così come le macchinette per il caffè in cialda hanno fatto crescere i consumi e ci hanno costretti ad ampliare l’offerta, anche Starbucks potrebbe agire da stimolo. Quanto ai prezzi, è il gestore che li fa. Ricordiamoci che all’estero i prezzi sonomolto più alti: a Parigi e Londra costa almeno 2,5 euro, mentre in Norvegia arriva a 4,5». In Italia tra le tazzine più care spicca quella da 4,5 euro preparata con Jamaica Blue Mountain, miscela pregiata proposta dal bar Cadò di Padova. Qui, andava forte il Kopi Luwa: prodotto dallo zibetto - un roditore che mangia bacche esotiche e poi ne “espelle” i noccioli, materia prima per fare il caffè - costava 10 euro la tazzina. «Ma ora», racconta il titolare, «ho sospeso la vendita, perché voglio essere sicuro di acquistare un prodotto realizzato nel rispetto degli animali». Noi consumatori, invece, ricordiamoci che la migliore miscela diventa un caffè pessimo se il barista sbaglia. Secondo l’Istituto internazionale assaggiatori caffè, ci sono tre cose che non si dovrebbero mai vedere in una caffetteria: due file di tazzine sopra la macchina (quelle più in alto rimangono fredde); i fondi di caffè nel filtro ( l’espresso avrà un gusto cattivo), la lancia del vapore sporca, che dà sapore di latte bruciato al cappuccino o al macchiato.