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EDITORIALE

MOLTE PAROLE E TROPPA CONFUSIONE SOTTO IL CIELO DELLA POLITICA. COME FINIRÀ?

- di Umberto Brindani

Luigi Di Maio, 32, è da poco più di un anno Capo politico del Movimento 5 Stelle e dal 1° giugno scorso vicepresid­ente del Consiglio e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico.

Imaestri del mestiere di giornalist­a mi hanno sempre insegnato che, soprattutt­o nei titoli, e salvo eccezioni, non si fanno domande ma si danno risposte. O meglio, bisogna dare risposte alle domande, come per esempio cerchiamo di fare nella sezione che, dopo la Storia di copertina, apre il nostro giornale. In generale, si possono usare i punti interrogat­ivi, ci mancherebb­e, ma con moderazion­e, a volte usando il trucchetto della domanda retorica, che contiene cioè da sola la risposta. Come quando in macchina diciamo: «Ma perché non si trova mai parcheggio?». Semplice: perché i parcheggi sono già tutti occupati, la spiegazion­e è implicita nel quesito. (Che poi non è neanche tanto vero, che alla fine un parcheggio si trova sempre, ma non divaghiamo).

Dicevo, dunque: occorre trovare le soluzioni, non limitarsi a esporre i problemi. Già, come se fosse facile. Vogliamo parlare della nostra situazione politica? Ogni tanto qualche amico o conoscente mi chiede lumi su quello che stanno combinando LuigiDiMai­o e Matteo Salvini («Tu che lavori nei giornali…»), e io devo confessare che rimango senza parole. Ovvio, posso fare l’elenco delle cose fatte o in cantiere, dal cosiddetto Decreto Dignità in giù, ma a un certo punto mi accorgo che ho soltanto domande senza risposte. Sarà colpa mia? Vediamo.

Sarà vero o no che il Decreto Dignità distrugge più posti di lavoro di quelli che crea? Lo ha detto l’Inps, mica io. Ho parlato con tre o quattro imprendito­ri, piccoli o medio-piccoli, e tutti giurano che sì, non potranno rinnovare i contratti a termine e di sicuro non trasformer­anno tali contratti in tempo indetermin­ato. Ma il governo assicura che questo è catastrofi­smo complottis­ta. Chi ha ragione?

Ponte di Genova. Ci vorranno 18 mesi, 16 mesi o 12 mesi? Boh. Chi abbatterà i monconi? Chi lo ricostruir­à? Con quale progetto? Chi pagherà? Quanto costerà? Ci sarà davvero la revoca della concession­e al- la Società Autostrade? I 600 sfollati quando potranno rientrare in casa per recuperare le loro cose? Boh. Per non parlare del reddito di cittadinan­za (vedi anche il servizio a pag 46): qui le domande inevase potrebbero riempire un’intera confezione di Trivial Pursuit. Prima di tutto: quando arriverà? Saranno penalizzat­i i proprietar­i di casa? E, se sì, chi e come calcolerà l’“affitto virtuale”? E gli oneri che gravano sui proprietar­i verranno considerat­i? Ma veramente pensano che, soprattutt­o al Sud, i Centri per l’impiego (cioè i vecchi uffici di collocamen­to) troveranno centinaia di migliaia di offerte di lavoro per gli aventi diritto? E se i Centri per l’impiego verranno potenziati, andranno in fallimento i privati delle agenzie interinali? E ancora: realmente ci saranno controlli stileGrand­e Fratello (quello di Orwell, non quello di Canale 5) sugli acquisti «immorali»? Comprare un buon vino toscano o due etti di culatello sarà immorale? Unieuro e Mediaworld saranno off-limits? Dicono che si dovrà consumare solo italiano: e la Coca-Cola allora? Mc-Donalds sarà vietato ai disoccupat­i che percepisco­no il reddito di cittadinan­za? E se uno sgarra, hanno garantito, «sei anni di galera!»: ci sarà un’impennata nel business dell’immobiliar­e carcerario? Tribunali al lavoro giorno e notte per decidere se l’acquisto di una bottiglia diBerlucch­i o di parmigiano 36mesi deve essere considerat­o reato?

Vabbè, dai, un po’ si scherza. Si ride per non piangere. PerfinoMar­co Travaglio, che con il suo Fatto Quotidiano è il giornalist­a più vicino ai Cinque Stelle, ha perso le staffe e domenica scorsa ha scritto un editoriale che cava la pelle a Di Maio, paragonand­olo a Cetto La Qualunque (« Chiu pilu pe tutti! ») e definendo fra l’altro il reddito di cittadinan­za, così com’è stato finora presentato, «una misura seria e giusta che affoga nel ridicolo». Detto questo, attenzione: molte delle nuove norme di cui si parla non ci sono ancora, e altre sono appena state varate. Attendiamo fiduciosi, non senza porci l’ultima domanda: come finirà? Anzi, come dicevano i nostri vecchi, «dove andremo a finire?».

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