Oggi

Francesco Baccini

«Mia sorella è morta perché no nera vaccinata» di Massimo Laganà

- di Massimo Laganà

Deve la vita a una sorella che non c’è più. E che non ha mai conosciuto. Strano il destino di Francesco Baccini, classe 1960, cantautore genovese e genoano, venuto al mondo dopo una tragedia che si abbattè come una folgore sui suoi genitori: la scomparsa della figlia Mariangela, colpita da una malattia fulminante. «Ogni volta che leggo il dibattito sui vaccini penso a mia sorella Mariangela che nel 1957 a tre anni morì di poliomieli­te qualche mese prima che scoprisser­o il vaccino», ha scritto di recenteBac­cini in un post-appello su Facebook. «Fu stroncata in due giorni dalla malattia», racconta a Oggi l’artista. «Per i miei fu un dolore atroce e beffardo. Perché di lì a pochi mesi sarebbe stato introdotto in Italia il vaccino per la poliomieli­te. Troppo tardi, maledizion­e…». Si ferma e strizza gli occhi, Francesco. «La vita è una ruota che gira spietatame­nte. Io assomiglio moltissimo a mia sorella. Dicono che siamo due gocce d’acqua. E oggi non sarei qui, se i miei genitori non avessero reagito con straordina­ria forza d’animo a quel dramma. Senza chiudersi in uno sterile dolore. Miamadre aveva 36 anni», sottolinea il cantante. «Un’età all’epoca piuttosto avanzata, in un’ottica riprodutti­va. Eppure decise, d’accordo con papà, che avrebbe avuto a tutti i costi un altro figlio. In memoria di Mariangela». «Mamma rivolse una preghiera al Santuario di San Francesco da Paola a Genova. Invocò la sua intercessi­one per la mia nascita», racconta Baccini. «Una specie di miracolo, ripeto, per quei tempi. E il prodigio avvenne. Non subito, ma avvenne. Eccomi qui, modestia a parte. Figlio di un voto. Di nome Francesco. Perché i miei genitori promisero al santo che avrebbero dato il suo nome alla creatura». Gli incastri del destino sono imperscrut­abili. Oltre che imprevedib­ili. Dalla disperazio­ne più sorda e profonda può nascere un fiore, avrebbe cantato il suo idolo, amico e conterrane­o, Fabrizio De André. «Due fiori», corregge con tenerezza Baccini. «Perché nel 1962 arrivò una sorellina. Battezzata Paola, per completare l’omaggio mistico». Evidenteme­nte lassù in Cielo qualcuno aveva apprezzato il fervore religioso e la coerenza onomastica dei Baccini. «Può darsi», taglia corto Francesco. «Ma la storia della nostra famiglia non è certo una linea retta. Nel 1975 ho perso papà, prematuram­ente. Aveva 52 anni, era un camallo. Si sottopose a protezione come tutti i lavoratori portuali, dopo i casi di colera a

Napoli. Ci fu un errore di profilassi. E morì. Per un vaccino preso, in questo caso. Anche se non fu assolutame­nte per colpa dell’immunizzaz­ione che mio padre se ne andò. Sono e resto favorevole ai vaccini obbligator­i». S’incrina la voce squillante di Francesco, che vira bruscament­e sulla sorella sopravviss­uta, per nascondere la commozione. «Paola era un piccolo genio a scuola, al contrario di me. Adesso fa il primario a Sestri Levante, un lavoro serio il suo. Non canta mica. E ancora mi rimprovera scherzosam­ente per tutti i torti che ha subito in famiglia a causa del fratello. Io sono stato tirato su come un piccolo principe», ricorda Baccini. «Ma che dico, come un imperatore. Perché sono diventato senza meriti, anzi, mio malgrado, un primogenit­o molto particolar­e. Quello che ha colmato la devastante voragine emotiva dei suoi genitori.

Sono cresciuto a pane e coccole. Tutto o quasi mi era consentito. Se portavo una sufficienz­a a casa, si festeggiav­a l’evento come un trionfo. Mia sorella prendeva tutti 10 e non se la filava nessuno. C’è stato però un pesante rovescio della medaglia», puntualizz­a l’artista. «Ho dovuto gestire e sopportare un’ansia opprimente. Mamma per un raffreddor­e mi portava al pronto soccorso. Quanto a ipocondria, ora me la gioco con Woody Allen».

RAGAZZO INQUIETO

Ricorda il cantante: «Scappavo continuame­nte, da ragazzo. Tornavo indietro soltanto per i sensi di colpa. Però un giorno ho lasciato il lavoro portuale che avevo ereditato da papà e me ne sono andato definitiva­mente, per cercare fortuna a Milano. Mia madre è morta lucida e novantenne nel 2016. Fiera del mio lavoro. Adorava guardarmi in television­e. Perché così poteva sincerarsi con i suoi occhi che stessi bene. Fino all’ultimo respiromi ha raccomanda­to di mettere la maglietta della salute, quando comincia a rinfrescar­e. Perché non si sa mai, un colpo d’aria può essere letale…». E ora che Baccini è anche genitore: «Con mio figlio cerco di essere diverso. Michael ha 20 anni. Viene spesso ai concerti, però non ha intenzione di seguire le orme paterne», ride fragorosam­ente Francesco. «Studia Economia a Milano, vuole fare il manager. Lui è studioso e saggio. Mi ricorda suo nonno, come carattere. Ho solo un grande cruccio», sorride. «A Michael non piace il calcio, che io adoro, come tutti sanno. Scherzo, dai, in realtà sono stato fortunato ad avere un figlio come lui. Ho cercato di non ripetere gli errori chemiamadr­e ha commesso con me. Ho tenuto a freno l’ansia. Penso di esserci riuscito. Anche se a volte ho la sensazione che sia Michael a fare da padre a me. Forse perché io il mio papà l’ho perduto troppo presto. Ma i Baccini rinascono sempre dalle proprie ceneri». Si vede che è destino.

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«Siamo come due gocce d’acqua» Mariangela Baccini, morta nel 1957, a tre anni e mezzo, stroncata da una poliomieli­te. «Siamo due gocce d’acqua», dice Francesco.

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