Sorpresa: a soccorrere i migranti sono rimasti solo i CavalieridiMalta
SALVOQUALCHE ECCEZIONE, IN MARE NON STAZIONA PIÙ NESSUNO. E LOROPARTONO DA LAMPEDUSA CON LAGUARDIACOSTIERA. MASI ATTIVANOANCHE NEI TERREMOTI E, IN GENERALE, PER CHI HA BISOGNO
La croce bianca a otto punte si staglia in campo rosso. L’antica bandiera dell’Ordine di Malta è marchio d’origine per un consesso d’alto lignaggio formato da 13.500 cavalieri, ai quali si affiancano 80 mila volontari e 40 mila dipendenti tra cui medici e infermieri. Questa stessa bandiera, che sventolò 900 anni fa sulle mura di Gerusalemme ai tempi delle crociate, ha attualmente rappresentanti diplomatici in più di 100 Stati, oltre che delegazioni presso l’Onu e l’Unione Europea. L’Ordine non è solo legato a doppio filo al Vaticano, ma anche un’istituzione umanitaria che opera nei cinque continenti, dal Libano al Congo, dalla Russia al Nicaragua. Una realtà che in pochi conoscono (se non per l’eco dei gran balli) e che per esempio ha portato questi uomini in prima linea nel soccorso ai migranti.
Dice Gerardo Solaro del Borgo, presidente del Cisom (Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta): «Oltre all’assistenza ai senza tetto e all’intervento nelle situazioni di comune bisogno, ci attiviamo nelle emergenze come i terremoti e qualunque altra calamità naturale. Nel sisma del Centro Italia abbiamo avuto più di 700 volontari impegnati per sei mesi. In base a un accordo nazionale con la Guardia Costiera, poi, siamo in prima linea nel soccorso in mare dei migranti.
«I NOSTRI UOMINI A LAMPEDUSA»
«A Lampedusa abbiamo tre squadre costituite da unmedico e un infermiere, pronte a partire con le motovedette. I nostri sanitari hanno il brevetto di verricellabili, cioé possono essere calati su una nave da un elicottero: questo permette di intervenire in si- tuazioni estreme». «Quando la nave Diciotti era ferma nel porto di Catania», continua il presidente, «tecnicamente era off limits. Non poteva sbarcare né imbarcare nessuno. Ebbene, grazie alla nostra neutralità, siamo riusciti a integrare il corpo medico che già c’era a bordo». SpiegaRiccardo Paternò di Montecupo, presidente di Acismom (Associazione Cavalieri Italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta): «Il nostro problema, da 900 anni, è l’umanità che ha bisogno. Ma non possiamo pensare di farlo in maniera applaudente o critica nei confronti degli Stati in cui operiamo. Siamo in Libano, in Palestina e in Europa, come in tutto il mondo, abbiamo migliaia di attività di soccorso su strada. La nostra è una neutralità umana che ci permette di lavorare con tutti, indipendentemente dalla religione, dall’etnia o dal credo politico. Quello che ci distingue è il tratto di umanità che noi dovremmo portare in ogni singola azione. Qui non c’è interesse personale, o lucrativo, solo passione. E tutto quello che eventualmente ricaviamo attraverso le nostre attività o le donazioni viene ri-
messo nel circuito della solidarietà». Sul fronte migranti voi, testimoni in prima linea da dieci anni, avete notato una flessione dopo gli ultimi giri di vite del precedente governo e di questo attuale? Racconta Augusto Vinciguerra, medico anestesista da tre anni a Lampedusa: «C’è stata sicuramente una contrazione. Non si vedono più i gommoni bianchi, sono tornati i vecchi pescherecci.
«GLISBARCHICONTINUANO PIÙ LENTAMENTE»
«Però gli sbarchi continuano, anche se più lentamente: magari non 200300 tutti insieme, ma 60-70. È cambiata la tipologia. A tutti i gommoni bianchi veniva anche levato ilmotore appena arrivavano al limite delle acque internazionali e quindi questi poveretti erano lasciati alla deriva». In tre anni quante persone ha soccorso? «Io personalmente forse 500. Ma due episodi mi hanno toccato particolarmente. Nel 2016, una notte, abbiamo preso una ventina di persone da una ong norvegese. C’era unamamma che continuava a piangere e io pensavo che fosse per un problema medico. Quando l’ho fatta spogliare, invece, mi sono accorto che sul petto aveva un foglio con due bambini. I suoi figli che non trovava più, probabilmente morti nel naufragio. E un’altra volta, nel maggio 2017, solo la motovedetta sulla quale prestavo servizio riuscì a recuperare circa 180 persone in mare. Tutti». Riprende Solaro del Borgo: «In una nave come la Diciotti si manifestano emergenze mediche come la scabbia, la tubercolosi oppure rischi di suicidio. Abbiamo anche psicologi per questo. Donne incinte o minori malnutriti possono riportare ustioni importanti, date dalla commistione tra benzina e acqua salata. Inoltre sono più preoccupato dei poveretti a terra: comunque non siamo noi a gestire i vari centri di accoglienza in Italia. In Germania per esempio sì». «Solo nel 2017 abbiamo soccorso in mare 36.642 migranti», dice Paternò diMontecupo. «Ma la realtà dell’Ordine è anche altro. Abbiamo 20 ospedali nel mondo, a Roma quello di San Giovanni Battista con 220 posti, 14 ambulatori sparsi su tutto il territorio nazionale. Tuitio fidei et obsequium pauperum è il nostro motto, ossia la testimonianza della fede e il servizio ai poveri. Poveri in senso materiale, ma anche per mancanza di sostegno spirituale nelle loro vite, il più delle volte drammaticamente complicate. Ed è anche per questo che nei nostri pellegrinaggi, che organizziamo per trasportare i tanti malati, a costoro vanno le nostre attenzioni più grandi. La convivenza con chi è di credo diverso? In Libano gestiamo un campo rifugiati insieme a personale di tutte le altre religioni. E questo è possibile quando l’obiettivo è uno: l’uomo che ha bisogno».
«CHE EMOZIONE QUELLA VOLTA CHE RIUSCIMMO A RECUPERARE 180 PERSONE DAI FLUTTI