EDITORIALE
IN UN’EPOCA DOMINATA DALL’ANSIA, ABBIAMO O NO IL DIRITTO DI SORRIDERE E SDRAMMATIZZARE?
Il lettore Roberto mi critica perché ho dedicato l’ultimo editoriale alla Contessa De Blanck e alla sua nobiltà vera o presunta (la lettera è nella pagina seguente). Dice: ci sono problemi ben più gravi, in Italia e nel mondo. Già. Come si fa a dargli torto? Gli rispondo che io, ogni tanto, ho bisogno di respirare. Sì, di sdrammatizzare, di sorridere, di cercare un pizzico di leggerezza. Lo faccio apposta, confesso. Perché insieme ai miei colleghi della redazione confezioniamo un giornale, una rivista importante, che tutte le settimane finisce in mano a quasi 2 milioni di persone. Ciascuna alla prese con le difficoltà della vita quotidiana, e spesso anche con problemi personali, economici o di salute, che fanno sembrare bazzecole i grandi temi epocali evocati da Roberto. «Ognuno a rincorrere i suoi guai», cantava Vasco Rossi, «Ognuno diverso e ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi». Lo faccio apposta, sì, perché sarebbe molto più facile scrivere pesanti editoriali e ponderosi articoli sull’economia e lo spread, sulla Tav o sulla Tap, sul razzismo o sul neofascismo. E invece tentiamo di trovare un equilibrio, di dare tutte le notizie regalando però anche qualche istante di pace.
Lo faccio apposta anche perché da qualche tempo ho una brutta sensazione. Mi sembra che ci sia in giro più tensione, più aggressività, più intolleranza. E non parlo solo dei gravi fatti di cronaca di questi giorni, come il brutale omicidio di Desirée a Roma. No, mi riferisco a ciò che succede quotidianamente in tv, nella politica e sui famigerati social network. Che poi sono gli ambiti che contribuiscono a modellare il sentire comune, i nostri comportamenti, il nostro modo di porci nei confronti degli altri.
Da quanti mesi o anni sentiamo dire che bisogna «abbassare i toni»? Il paradosso è che più lo si dice, più i volumi si alzano. Ultimo in ordine di tempo, lo ha chiesto Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea, l’uomo che finora ha evitato che finissimo come la Grecia. E per tutta risposta si è beccato un cazziatone da Luigi Di Maio («È italiano e avvelena il clima»). Intanto Matteo Salvini gridava «Vergognati!» a Gad Lerner sul caso della povera Desirée, la gente scendeva in piazza a favore dellaVariante diValico, contro la sindaca Raggi, contro il M5S che si è rimangiato il No-Tap… Mi fermo qui perché ci vorrebbe tutto il giornale per fare l’elenco degli scontri, delle polemiche e delle risse che ormai da molti mesi caratterizzano il cosiddetto «discorso pubblico».
Non rimpiango certo i tempi in cui, nei palazzi della politica, i linguaggi erano ipocriti e allusivi, le mosse felpate e ingannevoli, tali per cui all’opinione pubblica arrivavano messaggi ovattati e incomprensibili. Erano gli anni in cui si temeva di «morire democristiani». Gli anni delle trame, nere rosse o bianche, dei segreti e dei misteri. Ma perdiana, adesso è un caos totale open air, parole (e promesse) in libertà, licenza di insulto, ha ragione chi fa la voce più grossa. Chi è più “macho”. Chi «non arretra neppure di un mezzo millimetro».
Non voglio, poi, parlare dei social network, che sono diventati la discarica del peggio. Ma la tv? Nei cosiddetti salotti televisivi succede di tutto, si fanno largo i personaggi più inquietanti, basta che la sparino ad alzo zero. A suon di euro è stato ripescato perfino Fabrizio Corona ( leggete Aldo Grasso a pag. 23), al quale è stato consentito in più di un programmaMediaset di pubblicizzare le sue magliette e insolentire chi gli capitava a tiro.
Cosa volete, sarà l’età, sarà la noia e il fastidio per tutto questo, ma francamente faccio sempre più fatica a sopportarlo. Quando la sera accendo la tv, a un talk urlato preferisco un film, alla sfida Roma-Bruxelles preferisco una partita di calcio, o magari un libro, che, mannaggia, quando mai si trova il tempo per leggere un lbro? Non voglio ansia, voglio distrazione. E allora sì, mi diverte perfino occuparmi della ContessaDe Blanck. Ma a modo mio.