Fedez, Ferragni & C Anchhe i vip dei social sono prigionieri delWeb
IL DISASTRO DELLA FESTA AL SUPERMARKET DI FEDE Z. GLI INSULTI DELLA CHI ATTI A CHI LE “TOCCA” I FIGLI. LA DOPPIAMO RA LEDI ASIA. PERI VIP, INSTAGRAM STA DIVENTANDO UN BOOMERANG. UN ESPERTO CI SPIEGA COME GESTIRE LE CRISI SUL WEB. IMPARANDO DA S AL VINI
Le feste a sorpresa non sono mai una buona idea: fate un sondaggio tra i vostri amici e scoprirete che qualcosa che va storto alla fine c’è sempre. Come dimostra il Supermercato Gate, ovvero la turbopolemica social nata dopo la festa di compleanno a sorpresa organizzata per Fedez dalla moglie Chiara Ferragni e dalla mamma Tatiana. Le due hanno pensato che sarebbe stato buffo riunire amici e festeggiare in un supermercato, in cui lanciarsi liberamente in corse sui carrelli, assaggi randomtra gli scaffali e karaoke albanco gastronomia. Neanche un’ora dopo l’inizio delle celebrazioni, però, i veri invitati alla festa (ov- vero i circa 22 milioni di follower dei Ferragnez) l’hanno rovinata. I social si sono riempiti di attacchi anche violenti alla royal couple delWeb, accusata di aver mostrato insensibilità giocando col cibo quando ci sono persone che non arrivano a fine mese.
TOPPA PEGGIO DEL BUCO
I due, da esperti, hanno subito capito che si trattava di una emergenza vera e non del solito gruppetto di hater. E hanno cercato di correre ai ripari con una serie di stories su Instagram in cui si scusavano con chi si era sentito offeso, chiarivano che nulla sarebbe andato sprecato e aggiungevano (su
consiglio di mamma Tatiana) di aver già disposto che tutto andasse poi in beneficenza. La toppa peggiore del buco, pensare di “difendersi” promettendo gli avanzi (che avanzi non erano) ai meno abbienti. E infatti poi hanno chiarito che in beneficenza sarebbe andata una poderosa spesa di prodotti intonsi fatta ad hoc. Ma ormai l’onda di biasimo era partita e neanche le lacrime di Fedezez a finefi festa l’hanno frenata. Alla coppia,c insomma, il follower perdonna ogni eccesso finché rimane neel mondo glitterato di Casa Ferragnez; ma nelmomento in cui il teatro diventa quello in cui ogni giorno “la gente” fa i conti con la realtà, li tratta da invasori irrispettosi delle vite meno comode degli altri. È la seconda volta in poco tempo che la coppia si trova a doversi pentire di qualcosa messa on line. Era già successo un paio di settimane fa, quando di fronte alle battute sui problemi di salute del piccolo Leone (che aveva subito un piccolo intervento all’orecchio), Fedez ammise di aver sbagliato a dare in pasto agli hater una cosa tanto delicata. «Non devo condividere tutto», ha detto. Poi ha chiuso per un paio d’ore il proprio account Instagram. Gli scivoloni di Fedez e Ferragni hanno forse rincuorato tutti gli altri vipche sulWeb simuovono conmeno disinvoltura. E sono tanti.
FERMATELA!
«Il punto è che sul Web sono in aumento vertiginoso anche i troll e gli odiatori, con conseguente aumento di reazioni emotive violente», dice Andrea Barchiesi, fondatore di Reputation Manager ed esperto di reputazione on line. «A volte non è importante neanche quello che si scriveper essere aggrediti. C’è chi pubblica un “buongiorno” e si vede rispondere “devi morire”. Figuriamoci quando poi si commettono errori grossolani». Ecco, proviamo a raccontarli questi errori, perché non riguardano solo i vip. «Il primo è mentire: a parte gente come Trump, che ha costruito il proprio consenso su assi reputazionali diversi dalla credibilità, sui social chi mente è più esposto agli attacchi», dice Barchiesi. Davanti agli attacchi, ci sono due strade: ignorarli o rispondere. «Rispondere su attacchi (specie se fofondati) ai propri punti di forzza non è mai una scelta giussta, a meno di non spostare tuttoo sul piano del sarcasmo e d merito, ell’ironia, per senza depontenziarli entrare nel », dice. Un po’ come fa Matteo Salvini quando scrive «Vi voglio bene Amici!» a chi lo insulta sul Web. C’è poi chi i problemi se li crcrea da sé: «Prendete il caso Asia Argento: si è promossa come leader del movimento # metoo facendo di quello il suo asse reputazionale, non tenendo in considerazione di essere vulnerabile proprio su quello (col caso Bennett). Il danno di reputazione che ne viene fuori è incalcolabile, indipendentemente dai torti o dalle ragioni nel merito della vicenda. Se anche lei uscisse completamente “assolta” da tutto, ci vorrebbe molto tempo perché si lasci alle spalle l’onda che ha innescato», spiega Barchiesi. Riassumendo: sul Web meglio puntare su cose su cui si è inattaccabili. C’è poi chi si mette nei guai perché perde le staffe, come Laura Chiatti: a dispetto dell’immagine dolce che ha costruito della propria famiglia, foto dopo foto, scivola su turpiloquio ogni volta che un follower la punzecchia sui figli. Che
poi è il motivo per cui altri vip, come Elisabetta Canalis hanno deciso di non esporre i figli sui social.
IMPOSSIBILE SCAPPARE
Per non sottostare a questa tensione molti vip si cancellano dai social. L’hanno fatto Enrico Mentana da Twitter (ma poi è ricomparso su Facebook e Instagram, che ritiene più gestibili), Marco Mengoni (ma poi è tornato anche lui), Al Bano (anche lui è tornato). Ma il Lodo Al Bano è una buona scelta? «Mai, né per i vip né per i politici, anche perché l’astio verso di loro non cesserebbe solo perché non sono più sui social. Si può al massimo optare per una presenza soft, ma pensare di non sfruttare quel canale di comunicazione è anacronistico». E chi invece come la Venier (o Salvini, coi giornalisti, su Twitter) blocca chi la attacca? «Qui la differenza tra vip e politici c’è: Salvini bloccando chi lo infastidisce dimostra forza, la Venier, pensando di non dover dialogare con chi non la apprezza, dimostra debolezza». La verità è che qualsiasi cosa diciamo e facciamo sui social rimane in una sorta di diario digitale che non ci abbandonerà mai, ed è per questo che bisogna stare attenti. «Tutto può potenzialmente essere visto dai nostri futuri datori di lavoro. Non è una leggenda metropolitana quella dei responsabili delle risorse umane che scandagliano i social prima di assumere qualcuno. Succede e non solo per i supermanager. Quando la piazza era quella del paese, ci si metteva il vestito buono per andarci. Ecco, dovremmo iniziare a pensare al vestito buono digitale anche per queste piazze virtuali», spiega Barchiesi.