Sono meglio i termovalorizzatori o lediscariche?
MENTRE NEL GOVERNO SI LITIGA SUL FUTURO DEI RIFIUTI, VEDIAMO COME SI SMALTISCONO
Chiariamoil primodubbio: se un tempo si chiamavano “inceneritori” e oggi “termovalorizzatori” è perché si sono evoluti. Prima l’urgenza era disfarsi dei rifiuti. Oggi, sonoproduttori di energia elettrica e di calore. Quelli attuali sono anche il frutto di un lungo dibattito in Europa. Sono state fissate soglie rigide per le emissioni, che tutelano la salute degli abitanti dei dintorni. Tra le sostanze che suscitano le maggiori
apprensioni, la diossina: su questo fronte gli impianti attuali sono sicuri, tanto che sono largamente usati in Nord Europa, dalla Germania ai Paesi scandinavi, fino in Francia. Questo non vuol dire che i termo valorizzatori siano“la soluzione” al problema: sonounelemento di un sistemadi cui fa parte, e sempre di più, il riciclo. Ma esistono sostanze non
ancora riciclabili. Meglio allora le discariche? Oltre a esporre a gravi rischi di contaminazione di terreni e falde acquifere, non generano alcun effetto utile. Producono un po’ di metano dalle sostanze organiche. Peròsonoquantità irrilevanti. Invece consumano territorio. Inoltre, il dubbio che i termovalorizzatori italiani siano obsoleti e più inquinanti di
quelli nordici è infondato: in Italia la maggior parte dei rifiuti termovalorizzati è trattata in impianti costru- iti negli ultimi 15-20 anni, con sistemimoderni di controllo delle emissioni. Sono mediamente di ottima qualità, anche perché ilCip6 del 1992, la delibera che premia chi produce energia da fonti rinnovabili o assimilate, ha funzionato davvero. E i centri di compattazione, che in Campania si chiamanoStir? Sonoimpianti neiquali i rifiuti vengono tritovagliati, cioè divisi indueparti: il seccofinisce nei termovalorizzatori (se disponibili). L’umidodovrebbe andare negli impianti di produzione di biometano. InCampanianonfunzionano e quindi è spedito altrove.