Oggi

« Nessunodi noipuò giudicare Marisa »

LA COMUNITÀ DI AYMAVILLES È SOTTO CHOC. SI STRINGE ATTORNO A UN PADRE CHE HA PERSO TUTTO. E DAVANTI A UNA TRAGEDIA INCOMPRENS­IBILE FA PREVALERE LA PIETÀ

- Dall’inviato Giuseppe Fumagalli

Nessun giallo. Nessun mistero. Un uomo in tuta da lavoro si affaccia al finestrone di un bar, guarda sul lato opposto della piazza e indica la casa alle spalle della chiesa: «Aymavilles non sarà Cogne», dice. «Con la storia di AnnamariaF­ranzoni là sono andati avanti per anni, qui è già tutto finito». Sono le sei di sera di venerdì 16 novembre. Il giorno precedente, prima di mezzanotte, in un appartamen­to al primo piano della casa alle spalle della chiesa, una mamma che fino a quel giorno non aveva mai dato segni di squilibrio ha cancellato la sua vita e quella dei suoibambin­i. Si chiamava Marisa Charrère, era infermiera nel reparto di cardiologi­a dell’ospedale Parini di Aosta e sapeva come fare. Ha sedato i figliVivie­n e Nissen di 9 e 7 anni, li ha messi a dormire e li ha fulminati con una iniezione di potassio. È andata in sala e s’è tolta la vita piantandos­i nel braccio una siringa caricata con la stessa sostanza. Da questa sequenza atroce non sono ancora passate 24 ore. Ma è come se fossero passati 24 anni. I camion delle tv hanno già abbandonat­o il campo. Non c’è traccia dei sigilli della Procura che vengono applicati a porte e finestre per isolare la scena del crimine. Tre ragazze ridono per strada. Al banco del bar si beve Fumin, gloria dell’enologia locale, e ai tavoli si festeggia un compleanno. Non è indifferen­za. È come un senso di resa davanti all’incomprens­ibile. «Siamo un paesino 2.174 abitanti», dice una donna, «da oggi 2.171. Ci conosciamo tutti e quel che è successo è troppo brutto per una piccola comunità come la nostra. Ma

nessuno di noi può giudicareM­arisa». La vita continua e la tragedia si perde nell’aria fredda. Come le urla risuonate nel buio la notte precedente. Qualcuno descrive l’ululato indistinto e cupo di un essere ferito. Altri sono riusciti a distinguer­e due parole: « Le meinù, le meinù ( i bambini, i bambini, in lingua patois)». Osvaldo Emperur, guardia forestale, rientrando dopo il turno di notte, n ha aperto la porta di casa e ha visto v spalancars­i davanti a sé l’abisso da d cui forse non riusciràma­i a riemergere. g Marisa, lamoglie, era riversa sul

pavimento chiazzato di sangue (secondo gli inquirenti, la donna si è ferita cadendo). L’uomo s’è precipitat­o nella camera dei bambini, ma era vuota. Vivien e Nissen, due campioncin­i che già eccellevan­o nello sport, erano sul divano letto nella stanza degli ospiti, ancora vestiti, rannicchia­ti uno accanto all’altro, separati dai loro pelouche, come se fossero sprofondat­i nel sonno. Ma erano già freddi e privi di respiro. Chi ha vistoOsval­do descrive unuomo devastato. «Non è vero che la vita continua», dice un amico, «non per tutti, di sicurononp­er lui». Amici e vicini di casa hanno salutatoOs­valdo, attraverso i finestrini di un’auto, mentre veniva accompagna­to all’ospedale Parini, lo stesso dove lavorava lamoglie. Lo hanno ricoverato in psichiatri­a, ma non c’è rimasto a lungo. Le autopsie sui tre corpi sono state condotte a tempo di record, le salme sono state restituite ai familiari e già domenica, a meno di 72 ore dai fatti, Osvaldo è tornato in paese per essere presente all’ultimo atto del dramma che ha cancellato la sua famiglia. Ai funerali, Marisa, Vivien e Nissen, erano schieratid­avanti all’altare uno accanto all’altro, tenuti insieme dal suo sguardo di padre senza figli e di marito senza moglie, come se il legame di una mamma coi suoi bambini dovesse comunque prevalere sul rapporto tra l’assassino e le sue vittime.

L’INCHIESTA NON È CHIUSA

InProcura adAosta ilPmCarlo Introvigne tiene ancora aperta un’inchiesta che salvo sorprese appare destinata all’archiviazi­one. In attesa delle conclusion­i dei periti e l’esito degli esami tossicolog­ici, il magistrato rilegge le due lettere lasciate da Marina Charrère. Smentisce che la donna abbia indirizzat­o al marito frasi del tipo «mi hai reso la vita impossibil­e e ora io la rendo impossibil­e a te». Cerca di capire le ragioni di un gesto inspiegabi­le. Scava nel passato di una donna che in passato aveva perso in modo drammatico padre e fratello e in quei frangenti potrebbe aver maturato una sfiducia assoluta verso la vita. Il Pm forse sta anche ragionando su alcune incongruen­ze. Le due lettere scritte utilizzand­o penne e carte diverse. I rumori provenient­i dalla casa uditi dai vicini prima cheOsvaldo scoprisse la strage. La posizione della donna, stesa in sala lontana dai figli, in una posizione innaturale per una madre che, anche nella tragedia dovrebbe cercare la vicinanza con le sue creature. Dettagli destinati a perdersi nel labirinto di una mente devastata dalla depression­e. Insufficie­nti per fare di Aymavilles un’altra Cogne.

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