Oggi

Che succede a soldi, bollette emutui se l'Italia esce dall'euro?

IL PRESIDENTE DELLA BCE, MARIODRAGH­I, CALCOLA UN CONTODAOLT­RE 442MILIARD­IPER ILBELPAESE. I PRIMIEFFET­TI SAREBBEROS­UINFLAZION­E ETASSIDIBO­TEBTP. E POTREBBERO CAMBIARE I NOSTRI COMPORTAME­NTI

- Di Fiorina Capozzi

Più di 442 miliardi di euro. A tanto ammontereb­be il conto per l’Italia dell’uscita dalla moneta unica. Almeno queste sono le stime del governator­e Bce, Mario Draghi. Si tratta di una cifra enorme, molto più elevata dei 60 miliardi stimati per la Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dalla Comunità europea. Ma, in realtà, anche questa previsione va presa con le pinze perché non è detto che includa una serie di effetti collateral­i di difficile misurazion­e. Compresi quelli sociali. Andiamo però per gradi identifica­ndo tutti gli effetti che potrebbero essere annessi e connessi dell’addio all’euro.

LA CORSA ALLO SPORTELLO

Non appena l’Italia dovesse decidere di procedere con l'uscita dall'euro, scatterebb­e la corsa al bancomat per ritirare i propri soldi in euro, evitare la conversion­e dei risparmi nella nuova lira (come potrebbe chiamarsi presumibil­mente la nuova moneta) e preservare così il proprio potere d’acquisto. Come hanno spiegato diversi economisti, il rischio è un effetto a cascata che dallo sportello arrivi a svuotare le casse delle banche portando fino al default dei debiti sovrani e privati.

IL RISCHIO PER I PREZZI

Senza più i vincoli comunitari, che preservano la stabilità dell'euro, l'Italia potrebbe riprendere a svalutare la nuova moneta: significa farle perdere valore rispetto alle altre valute, a partire da euro e dollaro. Come conseguenz­a immediata, l’inflazione schizzereb­be ben oltre il 2%, soglia massima per la Banca Centrale europea. «Tornando a stampare moneta, di fatto, si ricreerebb­e quel binomio moneta nazionale-inflazione ed è plausibile che, soprattutt­o all’inizio, la massiccia operazione di dare alle stampe la nuova lira porterebbe all’impennata dell’inflazione come già accadeva negli Anni 70 e 80, quando si registrava­no tassi di inflazione a due cifre», spiega l’avvocato Antonio Tanza, presidente dell’Adusbef, associazio­ne a tutela dei risparmiat­ori. «Significa, in parole più semplici, che a parità di pensioni e stipendi, il cittadino si ritrovereb­be a dover ridimensio­nare il suo tenore di vita in quanto avrebbe maggiori

difficoltà ad accedere a beni e servizi un tempo pienamente alla sua portata».

TITOLI DI STATO AD ALTO RENDIMENTO

Senza euro, gli investitor­i internazio­nali sposterebb­ero i loro soldi verso Paesi meno a rischio. Di conseguenz­a lo Stato avrebbe maggiori difficoltà a collocare i suoi titoli di debito. «L’unico dato sicuro è che, in presenza di un alto tasso di inflazione, si assistereb­be all’emissione di titoli di Stato con un alto rendimento perché sarebbe l’unica soluzione per poterli rendere appetibili per gli investitor­i e farli acquistare», prosegue Tanza, «ciò significhe­rebbe un aumento del debito pubblico a causa dei maggiori interessi da pagare che in Italia, con o senza euro, rappresent­ano da sempre un grosso problema». Ne soffrirebb­e anche la Borsa, con un impatto sul risparmio degli italiani investito in titoli azionari.

MUTUI E PRESTITI ALLE STELLE

«Nell’ipotesi dell’uscita dall’euro, i risvolti sulmercato immobiliar­e e dei finanziame­nti sarebbero negativi. Bankitalia sarebbe infatti costretta a stampare moneta per sostenere il debito pubblico», precisano Fabiana Megliola, responsabi­le ufficio studi Tecnocasa, e Renato Landoni, presidente Kìron Partner spa. «I tassi sui mutui, che sono stipulati in euro, di certo salirebber­o molto per effetto dell’inflazione galoppante e dell’andamento del cambio. Ulteriore elemento negativo sarebbe la crisi produttiva: con tassi così alti, le aziende non riuscirebb­ero infatti a sostenere il costo dei finanziame­nti». Inoltre sullo sfondo c’è un interrogat­ivo sollevato da Adusbef: «E se le banche richiedess­ero di rientrare del capitale prestato calcolato in euro e non in lire?», si domanda il presidente Tanza. «A questo punto potrebbe esserci un aumento considerev­ole dei contenzion­i tra istituti di credito e risparmiat­ori. L’esperienza insegna che tutto ciò non porterebbe a niente di buono».

EFFETTO DOMINO SUL MATTONE

«Il mercato immobiliar­e naturalmen­te non sarebbe immune da tutto questo», riprendono Meglio la e La ndoni .« La salita dei tassi di interesse determiner­ebbe una maggiore difficoltà di accesso ai finanziame­nti e, di conseguenz­a, la domanda di case diminuireb­be. In più, siccome l’andamento dell’economia e del mercato del lavoro, impatta sul mercato delle case, è abbastanza prevedibil­e capire quali conseguenz­e l’uscita dell’euro potrebbe generare».

UN FRENO A STUDENTI E LAVORATORI

Oggi un cittadino italiano che lavora, per esempio, in Francia ha gli stessi diritti di un francese, ha diritto all’assistenza sanitaria nello Stato ospite e, quando sarà in età pensionist­ica, avrà diritto all’assegno previdenzi­ale. L’eventuale uscita dall’euro metterebbe invece in discussion­e automatism­i dati ormai per scontati.

CARO-BOLLETTE E PIL IN CALO

L’aumento nelle bollette di luce e gas è inevitabil­e visto che l’Italia è un Paese che acquista molta energia dall’estero, pagandola in dollari. Facile immaginare che la nuova lira sarà meno competitiv­a dell’euro nel rapporto con lamoneta americana e che quindi la fattura energetica salirà. Per non parlare del fatto che l’economia italiana subirà con ogni probabilit­à una contrazion­e: secondo uno studio del Cerved, negli anni immediatam­ente successivi al default, il prodotto interno lordo sarebbe destinato a scendere con un tasso negativo compreso fra il 3% e il 6%. In concreto, potrebbe chiudere un negozio su quattro.

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