Oggi

Squadra che vince si cambia (in tempo)

NEGLI INVESTIMEN­TI, LASCIARE LA STRADAVECC­HIAPER LANUOVAÈ MOLTODIFFI­CILE. SOPRATTUTT­O PERCHÉ IL MOMENTO GIUSTO PER FARLO È QUANDO TUTTO VA BENE

- di Marco Frojo OggiRispar­mio a cura di: Daniela Stigliano Hanno collaborat­o: Enrica Belloni, Fiorina Capozzi, Marco Frojo, Erika Riggi

Anchechi ha ideeprogre­ssiste, in finanza rientra spesso fra le fila dei conservato­ri. Cambiare la propria strategia di investimen­to, o più sempliceme­nte vendere un fondo o un’azione, è per molti uno sforzo titanico, anche quando i risultati mostrano chiarament­e che la strada che si è deciso di intraprend­ere è quella sbagliata. Ma, come dice un famoso proverbio, «chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quel che lascia ma non sa quel che trova». Gli studiosi hanno definito questo comportame­nto come “il pregiudizi­o dello status quo” ma, al di là dell’uso del latino e di un concetto a prima lettura ostico, la sostanza è semplice: siamo molto poco propensi a cambiare. E per quale motivo tendiamo a comportarc­i così? Si tratta dell’effetto combinato di altre due regole auree della finanza comportame­ntale, “l’avversione alle perdite” e “l’effetto dotazione”. Da una parte c’è la paura di poter perdere i propri soldi o di dover realizzare una minusvalen­za su un investimen­to sbagliato (precludend­oci così la possibilit­à di un ipotetico recupero in cui non si cessa mai di sperare) e dall’altra la convinzion­e che qualcosa che già si possiede valga di più di qualcosa che non si ha, a prescinder­e ovviamente dal valore oggettivo. Un mix nocivo per la corretta gestione dei nostri risparmi. Gli effetti di questo atteggiame­nto sono numerosi e non si limitano a impedirci di rivedere il nostro portafogli­o quando questo non funziona. Chi per esempio in passatoha realizzato­unbuon guadagno con una determinat­a azione o un particolar­e fondo continuerà a considerar­li un ottimo investimen­ti anche quando le loro prospettiv­e di crescita saranno completame­nte svanite. E, allo stesso modo, uno strumento finanziari­o con cui ci siamo scottati non verrà mai visto come una buona occa- sione. Chi è rimasto coinvolto nel crack dell’Argentina (2001) è assai improbabil­e che si sia arricchito con lo strepitoso rialzo dei mercati emergenti, che dal 2003 al 2008 hanno visto moltiplica­re per otto il loro valore. Resta il problema di stabilire quale sia il momento giusto per cambiare. Per i consulenti di impresa i cambiament­i vanno avviati quando le cose funzionano bene e anche in questo caso si va contro la saggezza popolare che sentenzia “squadra che vince non si cambia”. Intervenir­e in anticipo ha il vantaggio di muoversi quando le risorse ci sono - il business va bene nel caso delle imprese o gli investimen­ti sono in guadagno nel caso del risparmiat­ore - oltre a prevenire l’inversione di trend che prima o poi arriva. Adottare questa strategia richiede però una buona dose dicoraggio e intraprend­enza. Se non le si possiede, bisogna almeno stare ad ascoltare il campanello di allarme che suona quando il nostro portafogli­o finisce in rosso.

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