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A MILA NOLA PIÙ AMPIA ESPOSIZION­E CHE GLI SIA MAI STATA DEDICATA

- di Livio Colombo

La mia pittura non vuole essere né naturalist­a né solo mentale, pur affermando l’esistenza dei valori di realtà e di quegli altri che ci vengono dall’immaginazi­one». Così Carlo Carrà ( 1881-1966) definisce, nella piena maturità artistica, la sua opera. Dopo aver aderito negli anni giovanili al futurismo e poi alla corrente metafisica, di fatto si propone a tutto campo con un percorso originale che oltrepassa la prima metà del secolo scorso,

imponendos­i come una delle figure più rappresent­ative dell’arte italiana del Novecento.

Dopo le due precedenti mostre del 1962 e del 1987, Palazzo Reale torna a occuparsi del pittore alessandri­no con la più ampiamostr­a che gli sia mai stata dedicata, con 130 opere, molte delle quali mai esposte perché appartenen­ti a collezioni private. Curata da Maria Cristina Bandera e promossa dal Comune di Milano e Civita Mostre, è aperta fino

al 3 febbraio 2019 (catalogo Marsilio). Passiamo dalle colorate nature morte («la natura morta è la prova del fuoco per un pittore», diceva), alle scintillan­ti vedute marine aperte all’infinito («il mare ha sempre esercitato sul mio spirito una potente attrattiva»), fino alla plasticità dei corpi umani («un soggetto nel quale ravviso le maggiori possibilit­à di appagare i miei sentimenti artistici»). Uomo colto e semplice al tempo stesso, aperto al confronto e al dialogo con tutti, Carrà trasformò la sua casa di Forte deiMarmi in un luogo di incontro e di amicizia, come documenta bene un filmato proiettato in mostra e girato alla fine degli anni Cinquanta.

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