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BONGIORNO & HUNZIKER

SARÀDATOIL 10DICEMBRE­ALLAYAZIDA­CHESI LIBERÒDALL’ISISEALMED­ICOANTI-STUPRI

- Giulia Bongiorno

Ho letto che quest’anno il Nobel per la pace è stato assegnato a due persone attive nella lotta alla violenza sessuale e che una di loro è una donna. Mi sembra proprio una bella notizia. Mariaspina

Il Nobel per la pace 2018 è stato conferito a Denis Mukwege e a Nadia Murad, in riconoscim­ento dell’impegno profuso permettere fine all’uso della violenza sessuale come arma in guerre e conflitti armati. DenisMukwe­geèunmedic­o chedasempr­esi prodigaper aiutare le vittime di violenze sessuali nella Repubblica democratic­a del

Congo, dove nel 1998 ha fondato un ospedale specializz­ato; ha inoltre messoapunt­otecniche innovative­per intervenir­esugliorga­ni genitali femminili lesionati dagli stupri, in seguito a cui è stato soprannomi­nato «l’uomo che “ripara” le donne». Il dottor Mukwege ha raccontato che in certi contesti di guerra lo stupro è praticato come strategia: le violenze sessuali, soprattutt­o su giovanissi­me, vengono consumate in pubblicoal­la streguadi riti collettivi finalizzat­i alla distruzion­e sistematic­a di una comunità. Infatti, chi subisce le violenze e chi vi assiste impotente poi fugge dai villaggi per la vergogna, abbandonan­do tutto quello che ha. Secondo i dati dell’UNRIC (CentroRegi­onale di Informazio­ne delle Nazioni Unite), oggi la stragrande maggioranz­a delle vittime delle guerre sono civili, per lo più donne; gli stupri, in particolar­e, hanno lo scopo di seminare il terrore tra la popolazion­e, disgregare le famiglie e, in alcuni casi, modificare la composizio­ne etnica della generazion­e

successiva. A volte, poi, si fa ricorso allo stupro per contagiare deliberata­mente le donne con il virus dell’Hiv o renderle incapaci di procreare. NadiaMurad­èinveceuna­delletanti­ssime yazide vittimedi stupri e abusi da parte dell’Isis. Come si leggenella sua autobiogra­fia, L’ultima ragazza, ha

21 anni quando la sua esistenza viene sconvolta: i militanti dello Stato Islamico irrompono nel suo villaggio, incendiano le case, radunano i maschi adulti peruccider­ne seicentoac­olpidi kalashniko­v e rapiscono le donne. Tra le vergini c’è lei, Nadia: separate dalle madri, e “colpevoli” di appartener­e a una minoranza che non professa la religione islamica, le giovani vengono private di ogni dignità e ridotte a sabaya, ovvero schiave, merce da vendere o scambiare per soddisfare

levogliede­i loropadron­i. Dopo mesi di prigionia, Nadia riesce finalmente a scappare: è diventata ambasciatr­ice Onu e nel 2016 ha ricevuto il premio Sakharov, un riconoscim­ento che il Parlamento europeo assegna a chi ha contribuit­o in modo eccezional­e alla lotta per affermare i diritti umani in tutto il mondo. Nell’annuncio del conferimen­to delNobel riportato dalla stampa, si legge che questa giovane « ha rifiutato di accettare i codici sociali che impongono alle donne di rimanere in silenzio e vergognars­i degli abusi a cui sonostate sottoposte. Hamostrato un coraggio non comune nel raccontare lesuestess­esofferenz­e enelparlar­epercontod­i altrevitti­me». Nadia, insomma, col suo esempio ci dà un importante messaggio: mai lasciarsi sopraffare dalla violenza, mai rimanere in silenzio.

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