Barbanera Dove nasce il calendario cult di M. Pacillo
È IL PIÙ LONGEVOLUNARIO CHE, INSIEME AL LEGGENDARIO ALMANACCO, TANTI ITALIANI LEGGONO E CONSULTANO DA PIÙ DI 250 ANNI. PERCHÉ RENDE ATTUALE UN’ ANTICA SAGGEZZA
Misuratore del tempo, con il lunario, poi il calendario e l’almanacco, capace di interpretare i fenomeni del cielo mettendoli in connessione con la terra e ggli uomini. Il Barbanera abita le nostre case da più di due secoli e mezzo. Chi gli è affezionato lo ha conosciuto dalla nonna o dalla mamma, lo ha scovato nella libreria di famiglia perché prezioso compendio della saggezza popolaare che aiuta ad affrontare la quotidianità in un’ottica positiva, con consiglli e risposte a dubbi e curiosità. Per scooprire la genesi di questo testo leggendario che affascina ancora oggi siamo andati nella sua casa, l’Edito- riale Campi, ai piedi dell’antico borgo di Spello, in Umbria: «Qui, ogni anno nasce il Barbanera, che ha saputo adeguare il suo patrimonio di sapere ai cambiamenti sociali, senza mai snaturarsi, restando cioè il “libro del buon vivere”», racconta Luca Baldini, amministratore delegato dell’Editoriale Campi. «Anche i lettori-utenti di oggi alle prese con il mare magnum delle informazioni on line, in Barbanera ritrovano un punto di riferimento credibile sulle buone pratiche quotidiane, che servono e fanno stare bene. E ce lo dimostrano giorno per giorno con i loro like e commenti, concentrati soprattutto proprio su quei post dove raccontiamo la tradizione, il perché di un proverbio o di un’usanza, le origini di una ricetta o le strofe in rima delle edizioni antiche». Ed è la sede
editoriale il primo luogo dove si sperimenta ciò che vive nell’almanacco, tra una prova di stampa, un ortaggio da cogliere o un albero da potare.
SCRIGNO DEL SAPER FARE E SAPER TRAMANDARE
La struttura si trova all’interno di un complesso rurale del XVIII secolo che fu un antico bachificio circondato da gelsi. Chiunque vi arriva, entra subito nello spirito del Barbanera attraverso le sue radici: «Abbiamo voluto che fosse l’orto giardino delle stagioni, creato dal paesaggista Peter Curzon, ad accogliere il visitatore facendogli sperimentare di persona il Dna del Barbanera, legato al sapere contadino e al lavoro agricolo. È un’oasi di biodiversità, divisa in quattro zone, come le quattro stagioni, a cerchi concentrici che rappresentano le orbite planetarie, dove coltiviamo ortaggi in via di estinzione, frutti di archeologia arborea, semi rari, fiori ed erbe offici- nali», prosegue Baldini, mostrandoci l’angolo dei cardi, quello dei cavoli e dei finocchi, inframmezzati da alberi di nespole e cotogne. Passeggiando tra ulivi e melograni, avvolti da sentori fioriti e aromatici, si fa tesoro ieri come oggi degli insegnamenti di Barbanera, improntati a un vivere in modo più consapevole e sostenibile. Insegnamenti la cui testimonianza scritta è altrettanto ben custodita tra gli scaffali della Fondazione Barbanera, attigua alla sede editoriale. Voluta vent’anni fa da Feliciano Campi, terza generazione della famiglia che edita il Barbanera dal 1892, custodisce un patrimonio unico: la Collezione di Almanacchi e Lunari Barbanera, costituita da 356 esemplari dal 1762 al 1962, e accolta dall’Unesco nel 2015 nella “Memoria del mondo” in quanto simbolo di un genere letterario che ha contribuito a creare la cultura di massa e l’identità di intere nazioni. Ma nell’archivio ci sono anche il Fondo Almanacchi, con 10 mila lunari e almanacchi dal XVI secolo, italiani e stranieri, e fonti antiche di astronomia, agronomia, meteorologia, filosofia. Tutte quelle nozioni, che consultava un vero “facitore” di almanacchi del Settecento attraverso una biblioteca come quella che è stata ricostruita nella sala principale della Fondazione, proprio di fronte a una bacheca che raccoglie curiosi memorabilia. Prima fra tutti, la lettera del 1934 di Gabriele D’Annunzio, uno dei più noti estimatori dell’almanacco folignate, dove si legge: «Il libro del mio capezzale è quello ove s’aduna il fiore dei Tempi e la saggezza delleNazioni: il Barbanera ».