Oggi

Il volpino Stefano

Il suo padrone muore, lui lo aspetta da tre anni

- di G. Gullace Raugei

Il piccolo Stefano aspetta. Da 2 anni e 7 mesi, pioggia, neve, vento o sole che spacca le pietre, lui si rifiuta dimuoversi da quei 20 metri quadri di piazzale, davanti all’ingresso del Pronto soccorso dell’Ospedale di Mazzarino, provincia di Caltanisse­tta. Forse, in cuor suo, l’avrà anche capito che il signor Pasquale non uscirà più da quella porta. Ma lui aspetta lo stesso. Fino alla fine dei suoi giorni.

RINCORSE L’AMBULANZA

Storia del piccolo, grande, indissolub­ile amore che lega un cagnolino al suo padrone: anche la Sicilia ha il suo commovente Ha chiko, il quattro zampe entrato nella storia perché negli anni Trenta, inGiappone, per 10 anni, fino all’ultimo respiro, si recò ogni santo giorno, alle 17 in punto, alla stazione di Shibuya ad attendere invano il ritorno del professor Hidesaburo Ueno deceduto per un ictus mentre era al lavoro. «Tutto cominciò nell’estate del 2016», ci racconta Salvatore Bonaffini, operatore del 118 che ha preso a cuore le sorti del simil volpino. «Un’ambulanza arrivò a sirene spiegate con a bordoun anziano signore in preda a una crisi cardiaca». Primo miracolo: il piccolo cane seguì, correndo a perdifiato, l’ambulanza e arrivò in contempora­nea all’ingresso del Pronto soccorso. «Proprio così: vide il suo padrone, sulla barella, entrare in ospedale e si accucciò in un angolo inattesa. Purtroppo quell’ anziano paziente morì, ma il cagnolino, da allora, non si è mai mosso di lì». Questa, sia detto doverosame­nte, è anche la storia del buon cuore di tutto il personale dell’ospedale di Mazzarino. In qualche altro posto, qualcuno infastidit­o dalla presenza di quell’intruso senza padrone avrebbe magari chiamato l’Accalappia­cani comunale. Qui, invece, tutti si sono mobilitati per offrire ospitalità e conforto al piccolo orfano. «Sulle prime, la famiglia del signore deceduto ha tentato di recuperare il cane, ma lui si è rifiutato in ogni modo di seguirli», dice Bonaffini. «Vuole stare lì. Vuole aspettare. Così abbiamo cominciato a occuparcen­e noi. Siamo una trentina ad averlo praticamen­te adottato e a inizio e fine di ogni turno di lavoro ci assicuriam­o che il cagnolino stia bene, che abbia mangiato e abbia acqua fresca a disposizio­ne. Più di qualcuno avrebbe voluto portarselo a casa, ma non c’è verso di staccarlo dalla sua postazione. Non abbiamo mai saputo quale fosse il suo nome, così l’abbiamo chiamato Stefano, come il Santo a cui è intitolata l’azienda ospedalier­a. Io gli ho costruito anche una cuccia, ma lui non la gradisce. Se piove si accuccia sotto un’ambulanza, sennò si sistema in qualche posto da cui possa sempre tenere d’occhio la porta del Pronto soccorso». Povera, piccola palladipel­o. A guardare i suoi occhi tristi si stringe il cuore. Ma c’è anche una bella notizia: il vero amore esiste per davvero.

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