Oggi

L’agente Sissy

Ecco perché la famiglia non crede al suicidio

- di Giuseppe Fumagalli

Ècome se il tempo fosse tornato indietro alla mattina del 1° novembre 2016. Un paziente dell’ospedale Civile di Venezia è in attesa dell’ascensore e quando si spalancano le porte fa un salto indietro. Il sangue è ovunque e stesa a terra c’è una donna in divisa, con le dita ancora allungate sul calcio di una pistola automatica. La procura di Venezia ci avevamesso la classica pietra sopra. Sissy Trovato, agente penitenzia­rio, trovata ancora in vita e sopravviss­uta ai danni di un proiettile calibro 9 passato dal basso verso l’alto da una parte all’altra del cranio, secondo i magistrati aveva fatto tutto da sola. Mentre saliva al reparto in cui era ricoverata una detenuta, aveva estratto dalla fondina la calibro 9 di ordinanza, s’era sparata in testa e il suo caso andava quindi archiviato come tentato suicidio. Sissy non hai mai ripreso i sensi. Attaccata alle macchine ha vegetato per oltre due anni ed è morta nella casa dei familiari a Taurianova, in Calabria, il 12 gennaio, all’età di 28 anni. Ma la pietra che avrebbe dovuto calare sulla sua fine nel frattempo è stata spazzata via. Il tribunale di Venezia già il 31 ottobre scorso aveva ordinato la riapertura delle indagini. E il caso che sembrava risolto adesso è diventato un giallo. Strano posto l’ascensore di un ospedale per spararsi un colpo in testa. I genitori Salvatore e Caterina non ci hanno mai creduto. Sissy, dicono, era una ragazza sportiva, solare, piena di energia e mai si sarebbe tolta la vita. La verità, aggiungono, è che quel giorno in ascensore la figlia non era sola. Era col suo assassino. Padre e madre non fanno nomi ma indicano già un possibile movente. Nei mesi precedenti Sissy aveva sollevato più di un velo sul carcere femminile di Venezia. Aveva scoperto traffici di droga e festini tra agenti e detenute. E in un biglietto trovato solo nei giorni scorsi dai familiari aveva scritto d’aver denunciato tutto ai superiori. Finché qualcuno non avrebbe deciso di tapparle la bocca. È una pista ma non l’unica.

TANTE LE IPOTESI APERTE

Gli inquirenti studiano anche la vita sentimenta­le di Sissy. Un quadro a tinte forti di donne che amano altre donne. Un’alternanza di alti e bassi, gioie, delusioni, felicità, esplosioni di rabbia e qualche volta, pare, anche di violenza. «Le ragioni che rendono plausibile l’omicidio», commenta una

fonte vicina alla Procura, «si prestano a fare da sfondo anche ad altre ipotesi». Troppa adrenalina nella vita e nel lavoro non fa bene. Qualcuno potrebbe aver logorato Sissy, fino al punto di spingerla a uccidersi e in questo caso si parlerebbe di istigazion­e al suicidio. E non è nemmeno escluso che tutto torni al punto di partenza e si arrivi di nuovo a dire che la giovane donna ha fatto tutto da sola. Il giallo è giallo e ogni soluzione è possibile. L’importante è che prima di dare una risposta definitiva, vengano riempite tutte le caselle vuote sopravviss­ute a due anni di indagini. Sono tante.

Forse troppe. Nell’opposizion­e alla richiesta di archiviazi­one che ha portato alla riapertura del caso, l’avvocato Fabio Anselmo, già protagonis­ta dei casi Aldovrandi e Cucchi, le caselle vuote le ha elencate una per una. Misteri che fino a oggi hanno reso irraggiung­ibile la verità sullamorte di Sissy. E che vale la pena di passare in rassegna. Perché una volta scardinati potrebbero offrire su un piatto d’argento la soluzione del giallo. 1. Prima di tutto, l’arma. Sissy si sarebbe sparata a distanza ravvicinat­a ma non ci sono tracce di spruzzi ematici sulla canna e sul lato sinistro della pistola (il destro era a terra nel sangue). Perché? 2. Andrebbe anche accertata la presenza di Dna sull’arma. C’è solo quello di Sissy o anche di altre persone? E se non c’è traccia, chi ha ripulito l’arma? 3. Sissy aveva sulle mani tracce di polvere da sparo, ma non vuol dire che abbia sparato. In ambiente chiuso i residui di esplosivo potrebbero finire ovunque e in ogni caso andrebbero confrontat­e le tracce presenti sul bossolo. 4. Manca una perizia acustica. Un colpo di arma da fuoco in ascensore dovrebbe provocare un boato, ma dai video si direbbe che nessuno, fatta eccezione per un infermiere, si accorga di nulla. È possibile attutire o silenziare un colpo di grosso calibro? 5. L’infermiere, e siamo a uno dei misteri più inspiegabi­li di tutta la vicenda, passa due volte davanti all’ascensore su cui è appena salita Sissy. Lo si vede in modo distinto nel video (vedi box a fianco) mentre si sporge con la testa come se captasse qualche rumore strano. L’uomo passa davanti alla telecamera. Ha barbetta e occhiali. È perfettame­nte identifica­bile. Ma agli atti non esiste traccia di un suo interrogat­orio. È evidente che ha sentito qualcosa. E sarebbe importante sapere cosa. Un colpo di pistola? Può darsi. Ma un colpo di pistola si esaurisce in pochi attimi. L’infermiere si ferma ad ascoltare due volte a un minuto di distanza. Se avesse sentito urla o i colpi di una collutazio­ne l’inchiesta sarebbe a una svolta. 6. Negli stessi istanti le telecamere inquadrano tanta altra gente. Pazienti, medici e infermieri. Erano tutti nel posto giusto al momento giusto? Un’inchiesta vive anche di dettagli. Anche loro dovrebbero essere identifica­ti e interrogat­i. Non si sa mai. Va però detto che le telecamere di sicurezza non inquadrano individui sospetti. Il che apre altri due interrogat­ivi. Qualcuno poteva entrare senza essere ripreso dalle telecamere? Quanti sono gli accessi al padiglione dove è avvenuto il fatto? 7. Un altro mistero riguarda i movimenti attorno all’ospedale di Venezia. Oggi l’unica strada percorribi­le è l’individuaz­ione delle celle che danno copertura telefonica alla zona. Una volta identifica­te, andrebbe acquisito il traffico avvenuto il 1° novembre, il giorno prima e il giorno dopo. 8. Il telefonino di Sissy è un giallo nel giallo. Non lo aveva su di sé ed è stato recuperato nel suo armadietto in carcere. Le telecamere dell’ospedale però la mostrano mentre si dirige verso l’ascensore, tenendo un apparecchi­o, probabilme­nte un cellulare all’altezza dell’orecchio destro (vedi box pagina precedente). È l’ennesima stranezza. I casi sono due. O Sissy aveva un’altra Sim e un altro telefonino e allora bisognereb­be accertarne il numero, per risalire poi al traffico in rete. Oppure aveva il suo telefonino e qualcuno lo ha fatto sparire. Qualcuno che era in ascensore con lei e, dopo averla lasciata agonizzant­e, le avrebbe sottratto il cellulare, cancellato messaggi o immagini compromett­enti e avrebbe messo tutto nell’armadietto che Sissy lasciava sempre aperto. Chiarire questi due aspetti potrebbe essere decisivo per l’esito delle indagini. Ma non basta. Per completare il quadro, il traffico di telefonia e dati della ragazza scomparsa andrebbe incro-

ciato con quello delle persone a lei più vicine, gli agenti in servizio al carcere di Venezia, amici e persone con cui aveva o aveva avuto una relazione sentimenta­le. A parte i colleghi che hanno lasciato Sissy davanti all’ospedale, chi ha parlato o ha scambiato messaggi con lei quella mattina? 9. Agli atti, sono esposte testimonia­nze sulla vita privata e profession­ale di Sissy che andrebbero riscontrat­e con la cerchia di persone vicine all’agente scomparsa. In particolar­e andrebbe ascoltata una collega, Rita Vetere, che avrebbe condiviso con Sissy la denuncia degli strani traffici all’interno del carcere. Cosa avevano scoperto di preciso? E cosa avevano denunciato? Avevano subito minacce? Avevano paura di ritorsioni? 10. La mattina del 1° novembre Sissy non sarebbe dovuta andare in ospedale. Perché all’ultimo momento è stato modificato l’ordine di servizio? Da chi, quando e come Sissy è stata informata del cambio di programma? E chi era il responsabi­le dell’apposito registro per annotare il controllo della detenuta in ospedale? 11. Opponendos­i all’archiviazi­one, l’avvocato Anselmo avrebbe voluto anche informazio­ni più approfondi­te sul contenuto del computer di Sissy. 12. Il legale della famiglia, infine, ha richiesto anche una perizia medico legale sulle fotografie scattate il 2 novembre 2016 in cui si vedono alcuni ematomi sulle braccia e sul lato destro del corpo dell’agente Sissy. Potrebbero essere i segni di una collutazio­ne avvenuta all’interno della cabina dell’ascensore. Accertarlo sarebbe importante e la Procura ci sta lavorando. Ma potrebbe essere troppo tardi. Una frase che un giorno potrebbe inghiottir­e la verità sulla fine di Sissy Trovato.

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 ??  ?? VIGILAVA SULLE DETENUTE A sinistra, un ritratto di Sissy Trovato, morta il 12 gennaio, a 28 anni. Sopra, con l’uniforme della Polizia penitenzia­ria.
VIGILAVA SULLE DETENUTE A sinistra, un ritratto di Sissy Trovato, morta il 12 gennaio, a 28 anni. Sopra, con l’uniforme della Polizia penitenzia­ria.
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IL PADRE VUOLE LA VERITÀ Sissy con il papà Salvatore, che non crede che si sia suicidata.

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