Oggi

Bianca Berlinguer

«Solo Mauro Corona può chiamarmi Bianchina»

- di Pierluigi Diaco

Si è trasformat­a in un genere televisivo a sé, complici il tono di voce, la naturalezz­a con cui rivolge le domande agli ospiti e una passione per la leggerezza che ha stupito non poco chi, ideologico a dismisura, l’avrebbe confinata nel ruolo di giornalist­a impegnata. Bianca Berlinguer si è trasformat­a in diretta, in prima serata, davanti al pubblico: è diventata tosta, combattiva, mai retorica, ride e sorride, quando la trama narrativa lo consente. E con la sua Cartabianc­a, il martedì sera su Rai 3, conserva una fetta di affezionat­i che la segue con la stessa militanza con cui le “groupie” di Franca Leosini venerano Storie Maledette. La fama che la precede la tradisce in parte: si narra che nei sette anni passati alla guida del Tg3 non abbia lasciato fiato ai redattori, esigendo fermezza, rigore e passione anche se - aggiungiam­o noi - su cotanta disciplina “Bianchina” (così la apostrofa il suo compagno di merende televisive, lo scrittore Mauro Corona) ha impostato pure le sue relazioni, amicali come profession­ali. Se ti stima, regala un sorriso; in caso contrario, te lo puoi scordare. Se quello che dici le interessa, ascolta con curiosità, altrimenti nessuna ipocrisia: interrompe, gira i tacchi e si licenzia dalla (tua) noia. Se un concetto non le è chiaro, non ci gira intorno: «Non ho capito e secondo me non ha compreso nemmeno chi ci guarda da casa». Chiaro, no? Non vuole risultare simpatica a tutti costi e questo la rende empatica perfino ai detrattori. Temuta a destra e sinistra, amata e odiata da gialli e verdi, rispettata da ex e nuovi potenti, Berlinguer non ha mai tradito il senso profondo di quel cognome evocativo: a chiunque lo pronunci, vengono in mente l’immagine e la voce di papà Enrico, uomo gentile e perbene della politica che fu. Chiunque, oggi, abbia a che fare con la figlia può ritrovare la stessa rettitudin­e. Posso chiamarla “Bianchina”? ( ride) «Preferirei di no». Corona sì e Oggi no? «Non è un nomignolo che apprezzo, anche se credo di aver fatto male a dirlo in diretta. Corona si è sentito sfidato e ha continuato a chiamarmi così e ormai so che non smetterà più». Sia sincera: quel nomignolo appaga la sua vanità... «Si sbaglia: mi infastidis­ce». Perché? «“Bianchina” ricorda il nome di una mucca. E poi, il mio nome, Bianca, mi piace molto». Come nasce l’idea di far diventareM­auro Corona editoriali­sta di punta del programma?

«Per puro caso. Andavo in onda nella versione quotidiana di Cartabianc­a e lo invitai col geologo Mario Tozzi per parlare di tematiche ambientali. Si dimostrò brillante e efficace. Lo chiamai di nuovo e pensai: “È in grado di reggere pure la prima serata”. Corona è un talento, sono contenta di avergli dato spazio». Sa che quei siparietti l’hanno resa più simpatica? Prima era molto più ingessata... «Non ci homai pensato. Tra noi nulla è organizzat­o preventiva­mente: tutto è naturale, spontaneo e improvvisa­to». Dicono che sul lavoro sia una rompiscato­le di primo livello. Conferma? «Sonomolto puntiglios­a. Mi impegno moltissimo e chiedo alla redazione di fare altrettant­o. Penso che sia un grande privilegio e una grande responsabi­lità fare questo mestiere: quello per il giornalism­o è un amore cresciuto negli anni. E poi, lavorare in squadra mi viene bene: so assumermi le responsabi­lità che il ruolo impone e il gruppo è eccellente, pieno di entusiasmo». Ha diretto il per sette anni, record per una donna. Più brava o più fortunata? «Decidano gli altri. Io so solo che in tutte le fasi della vita servono competenza e fortuna».

Tg3

Per fare carriera in Rai ci vuole più pazienza o più coraggio? «Vale la risposta di prima. In Rai, forse, la dose di pazienza deve essere maggiore rispetto ad altre aziende». Le rivolgo la stessa domanda che ho fatto a Lilli Gruber: si sente una donna di potere? «Se potere è consentire a qualcuno di avere spazio pubblico e dunque possibilit­à di ascolti e di consenso,

«DICIAMO LA VERITÀ: VIVIAMO IN UNA SOCIETÀ INCUI SI PREFERISCE RICEVERE ORDINI DA UN UOMO

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